Lanera e Tarantino: "Lo straniero in scena"

La regista e attrice da stasera all’Arena del Sole con uno spettacolo che rilegge due testi del drammaturgo. "Una lingua così viva"

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Che cosa succede se due opere di un drammaturgo di culto incontrano la vulcanica Licia Lanera? Succede che ne nasce uno spettacolo, che debutta oggi all’Arena del Sole – in Sala Thierry Salmon fino all’11 dicembre –: Love me. Due pezzi di Antonio Tarantino, che vede la produzione di Ert, la regia e l’interpretazione, appunto di Lanera, che affronta il disincantato immaginario del drammaturgo e pittore scomparso nel 2020, allargando lo sguardo sugli stranieri e i reietti ai margini della società.

Lanera, come ha unito il suo mondo a quello di Tarantino?

"Ho sempre una sorta di strabismo quando mi approccio a uno spettacolo: con un occhio guardo a quella che sono io oggi e con l’altro alla polis. Avevo il desiderio di mettere in scena Tarantino da tempo, ma poi è successo dopo la sua morte. C’era da un lato la mia voglia, come attrice, di destreggiarmi con questa parola così insidiosa, carnale, iperbolica, ma anche di raccontare il mio sguardo sul mondo. Ho avuto accesso al suo archivio e ho scoperto un universo. La Scena è un testo inedito, un capolavoro assoluto, e il ’lato B’ di questo 45 giri è Medea: entrambi parlano di stranieri, tema a me molto caro".

E attuale.

"Lo straniero è specchio delle nostre paure e capro espiatorio delle società. I testi sono molto diversi da loro: il primo è ambientato in una città degradata, che potrebbe essere una delle nostre metropoli, con tanti lavavetri agli angoli delle strade. E poi c’è una Medea di Euripide, una barbara chiusa in galera. In scena con me c’è Suleiman Osuman, un non attore. Rappresenta lo sguardo dell’Africa verso di noi".

Com’è la scrittura di Tarantino?

"Pirotecnica e io spingo sull’acceleratore. Infatti nella prima parte ci sono dialetti piemontesi, poi il richiamo al mio barese. Attraverso tutti gli stilemi della commedia italiana, anche becera, del cumenda del nord, per ritrovare la complicità dello spettatore. Poi, quando è troppo tardi, ci accorgiamo che non c’è niente da ridere. L’ironia dei nostri tempi ci ha spinti in un baratro. E la lingua di Tarantino crea dei vortici, accostando l’altissimo e il basso. È talmente viva, fatta per essere parlata".

Lei è candidata a due premi Ubu per La Carabina: uno proprio alla regia.

"La regia è la mia vocazione: sarebbe davvero una soddisfazione, dopo tutti i colleghi uomini che l’hanno vinto mille volte".

Sui social scrive che se vince ritira il premio nuda.

"Ai limiti dell’arresto (ride). Il mio corpo è politico e lo esibisco con tutti i suoi difetti. Se dovessi vincere, sarò poco vestita, con una mise rapper, come la musica del mio spettacolo".

Ha appena compiuto 40 anni. Come si sente?

"Dopo 17 anni di capocomicato, mi sento padrona di me, in una fase di creatività estrema. Sono in pace. Per il mio compleanno mi sono comprata un Suv da ’coatta’ rapper e mi sono detta: te la sei comprata con il teatro la macchina, Licia".

In pandemia è stata chiusa tre mesi dentro il teatro Bellini di Napoli. Com’è ora la ripresa?

"Il periodo delle chiusure per me è stata una sofferenza. Ora ho bisogno di stare vicina allo spettatore, devo accompagnarlo, avere luce sul pubblico".

Letizia Gamberini

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