L’appello di Marchesini: "Non troviamo i giovani"

L’imprenditore alla giornata del Made in Italy al Camplus Bononia "Difficilissimo reperire ragazzi già indirizzati nel mondo del lavoro" .

"Qualcosina effettivamente ho fatto negli anni nell’ambito dell’esportazione del Made in Italy nel mondo", può sembrare una frase di circostanza, in realtà, non ha torto Maurizio Marchesini, presidente di Marchesini Group Spa. Il presidente del gruppo tra i leader nel settore del packaging in Italia, ha portato la sua esperienza nell’esportazione del prodotto italiano in giro per il mondo, in occasione della prima giornata del Made in Italy celebrata davanti a una quarantina di studenti ieri pomeriggio, alle 18.30, al Camplus Bonomia e promossa dalla federazione nazionale Cavalieri del Lavoro.

Tra queste eccellenze c’è proprio Marchesini, cavaliere del Lavoro dal 2013, e la storia di un’azienda di famiglia che, "non per scherzo", dice, è nata in un garage di Rastignano e "quasi per gioco". Ora il suo ‘gioco’ fattura 600 milioni di euro. Qual è, però, secondo il suo presidente, il segreto della sua azienda? Marchesini risponde allargando il raggio a tutto il Paese. "L’Italia è il 2° Paese manifatturiero in Europa e 7° nel mondo. Noi italiani abbiamo una visione del design naturale, per questo siamo apprezzati nel mondo". Insomma, alimentare, automazione-meccanica, arredo-design, abbigliamento-moda, sono le ‘4 A’ vincenti del Made in Italy. Tuttavia, non mancano le difficoltà.

"Dobbiamo trovare manodopera giovanile. Non riusciamo a trovare ragazzi già indirizzati nel mondo del lavoro, nonostante la nostra ‘Talent garage academy’, in ricordo del posto da cui è partito mio padre". Per risolvere questo problema, allora, servirebbe una "ragionata immigrazione", racconta. Anche perché le imprese, aggiunge, "hanno capito che devono crescere insieme al territorio, non esistono grandi imprese in territori poveri e le nuove tecnologie aumenteranno questa crescita". Sull’andamento del commercio, Marchesini afferma che "sta andando malissimo", ma non ne fa questione di guerre. "È una questione di guerre commerciali, in un mondo dove la politica sta dominando l’economia e che ci sta portando a sbattere senza alternative, e le guerre ne sono una conseguenza".

Giovanni Di Caprio