Bologna, alle Laura Bassi si fa lezione in latino

Nella 2A la professoressa Cornacchia applica il metodo Ørberg: ’In classe si parla solo in latino’

La professoressa Maria Raffaella Cornacchia durante una lezione in latino (Schicchi)

La professoressa Maria Raffaella Cornacchia durante una lezione in latino (Schicchi)

Bologna, 16 dicembre 2018 - Morto il latino? Macché, la lingua di Cesare e Cicerone è più viva che mai. Basta varcare la porta della II A del liceo Laura Bassi indirizzo Scienze umane ed è subito full immersion. E’ uno squillante «salvete» l’accoglienza che la prof di Latino e Italiano, Maria Raffaella Cornacchia (anzi Cornix) rivolge ai 26 discipulis. «Claudite ianuam», esorta. Chiudete la porta. «Nunc appellum facimus»: ora facciamo l’appello. «Forsitan», forse aggiunge a commento del brusio in sottofondo. Ore 8: divieto di accesso all’italiano in via Sant’Isaia. Per almeno 60 minuti. «Hodie - spiega magistra Cornix – parvam fabulam de puella Iulia narrabimus». Oggi racconteremo la storiella della fanciulla Giulia. «Quid videtis hic», cosa vedete qui indica la prof alla Lim. Perché latino va bene, ma con la lavagna multimediale è meglio. Video, fumetti, racconti, schede tutto in lingua transita attraverso il pc che lo proietta sul telone. Immediato e concreto.  

 

Gli studenti interagiscono. «Describemus arborem» invita la prof. E via di ramus, nidus, avis, scurus (scoiattolo): declinati in modo ineccepibile. «Scribete», scrivete e sui quadernoni compaiono frasi con il verbo in fondo. Il racconto procede: si aggiungono aggettivi, verbi, sostantivi. Arrivano altri personaggi come Quintus che cade dall’albero. E si rompe «crus», una gamba. Ecco il corpo umano: cor, pes, brachium, venae, pulmo. Parlare in modo corretto: la grammatica non la si schiva. Solo la si apprende in altro modo. Non con rosa-rosae, ma leggendo e imparando. Le subordinate si concretizzano sotto gli occhi dei ragazzi: imparano più in scioltezza.

E’ il metodo Ørberg, dal nome del docente danese che l’ha inventato e «mira a far scaturire la comprensione delle regole grammaticali del latino, riproducendo la condizione in cui lo studente si troverebbe se potesse ascoltare dal vivo Augusto o Virgilio». Insomma come se l’alunno vivesse nella Roma dell’Avanti Cristo. «Da latinista – ammette la docente – ero scettica: lo vedevo come uno scherzo, un gioco», ma dopo aver assistito ad una lezione di Luigi Miraglia, direttore dell’Accademia Romana, arriva la ‘conversione’. «Ho visto ragazzi leggere e dialogare su un brano di Cicerone come fossero a casa loro».

Parte la sperimentazione di ‘Latino vivo’ nella sezione A. Il metodo Ørberg viene adattato alle esigenze italiane grazie a Giampiero Marchi, direttore del Centro studi GrecoLatinoVivo. I risultati arrivano. «Mi sono sentita chiedere: Quando facciamo latino?», ricorda con emozione la docente. L’obiettivo, comunque, non «è imparare a colloquiare in latino», ma nell’aver individuato un metodo che «può essere una soluzione per i ragazzi che arrivano al liceo sempre più a digiuno di tutto». Costringendo gli insegnanti a «impiegare i primi 4-5 mesi a non fare altro se non grammatica italiana». Latino vivo implica «un approccio diverso: obbliga i ragazzi a essere coraggiosi, a mettersi in gioco. Apprendono nuove parole e attivano capacità logiche». Insomma ragionano e arricchiscono il lessico.

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