Bologna, viaggio tra lavanda e girasoli. La natura incanta la provincia

A San Lazzaro premiata l’azienda di Paolo Garulli e Silvia Stanzani; a Bargi di Camugnano invece le piante di Maria Grazia Sun sembrano un dipinto

Un angolo di Provenza in Appennino (foto di Lorenzino Cremonini)

Un angolo di Provenza in Appennino (foto di Lorenzino Cremonini)

San Lazzaro e Camugnano (Bologna), 8 luglio 2018 - «Un angolo di Provenza? Ma no, non possiamo competere». E invece, quel colpo d’occhio viola che all’improvviso colora via Palazzetti trasporta, almeno col pensiero (e con il naso) nel sud della Francia. E diventa lecito sognare, anche a un passo dalla città. Quando si varca il cancello del Podere Palazzetto, una storica azienda agricola in via Pedagna, in effetti, si entra in un’altra, quieta, dimensione, fra pavoni, alberi e, in questa stagione, profumo intenso di lavanda. Paolo Garulli, docente all’Istituto agrario Scarabelli di Imola vive qui da sempre e la moglie Silvia Stanzani ormai da trent’anni. L’intuizione del lavandeto, invece, è di cinque anni fa e ora gli appezzamenti sono due, per 2mila metri di colore. «Era una passione che avevamo da tempo – spiegano – Poi ci abbiamo preso gusto». Questa «è l’unica pianta che resiste in un terreno povero, ricco di ghiaia, anche negli anni più siccitosi», spiega Garulli. «Abbiamo una varietà che vegeta bene qui, visto che normalmente sono fiori che crescono almeno a 400-500 metri di altitudine. In pianura non è così frequente». Ma questa coltivazione è anche una scelta di cuore. «La lavanda è un luogo dell’anima – spiega Silvia, che nel podere ha anche il suo laboratorio di mosaico, arte di cui ha fatto la professione di una vita –, ci permette di tornare indietro alla nostra infanzia e di creare una connessione con noi stessi. In questi anni ci si è aperto un mondo, non pensavamo che fosse così gradita a tante persone».

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E poi è un piccolo universo «vivo – aggiunge Paolo – abitato da farfalle e api». Se ne devono essere accorti in parecchi, perché quelle distese violacee sono meta abituale di camminatori di nordic walking, persone che vengono a dipingere, a raccogliere i propri fiori, scattare una foto, o anche solo godersi qualche attimo di bellezza. Bellezza, però, di breve durata. La fioritura, infatti, esplode da giugno a metà luglio, poi «raccogliamo le infiorescenze – spiegano – e le portiamo all’istituto agrario di Montombraro, a Modena, dove c’è il distillatore. Così otteniamo l’olio essenziale con cui vengono realizzati alcuni dei prodotti in vendita nel podere». E così, fra i mosaici di Silvia, oggi si trovano anche profumi e mazzi di fiori. E l’anno scorso sull’Appennino è arrivato anche un premio, al Palio della lavanda. «Non siamo certificati biologici, ma l’appezzamento è completamente naturale e la lavanda è tutta raccolta a mano. Forse anche per questo la gente viene qui sempre più spesso. L’educazione ambientale sta crescendo e inizia a dare i primi frutti». Info: Pagina Facebook: Silvia Stanzani Mosaici & lavanda. www.silviastanzani.it

A Bargi, Camugnano, invece, le fioriture sono come quadri. L’Appennino in questi giorni incanta. Dai girasoli alla lavanda è un’esplosione di colori e profumi. I turisti del bello arrivano in gita al Torello di Bargi (Camugnano), luogo incantevole trasformato in un angolo di Provenza, una grande macchia violacea di spighe e un profumo intenso che ti viene incontro. Sono gli ultimi giorni per ammirare lo spettacolo della lavanda in fiore. Poi Maria Grazia Sun – babbo cinese e mamma di Sant’Agata, nella vita di prima grafica pubblicitaria – comincerà a tagliare le piante per iniziare la distillazione dell’olio essenziale.

«Non è una vera attività, lo faccio a livello amatoriale, per passione – si racconta la padrona di casa –. Prima questo era un campo di fieno. Certo la fatica è tanta, ma il colpo d’occhio ripaga». Qualche curiosità. È noto a tutti che la lavanda è un ottimo anti-tarme. Meno conosciute altre sue proprietà: efficace per calmare il fastidio delle punture di zanzara, repellente per i pidocchi. Egiziani, greci, romani erano già affascinati da questa pianta aromatica. Nel Medioevo si pensava che le spighe avessero il potere di proteggere dalle disgrazie. «Se si fa cuocere il vino con la lavanda e si beve, si otterranno una conoscenza e una comprensione più pure», era certa Hildegarde Von Bingen, religiosa e naturalista tedesca nata alla fine dell’undicesimo secolo.

Dalla storia all’economia. Vale per il girasole, che in questi giorni trasforma ad esempio le colline di San Biagio a Casalecchio in un paesaggio da fiaba. Giuseppe Carli, presidente di Assosementi, guarda però ai conti. Sa bene che «il prezzo del girasole, come quello di soia, grani e mais, è basso. E questo non invoglia gli agricoltori». Si spiegano così i numeri: all’inizio degli anni Duemila la superficie coltivata in Italia arrivava ai 200mila ettari. Oggi, nel riepilogo della Coldiretti, si è ridotta a 114mila, in Emilia Romagna sono poco più di 8.500 ettari con una produzione di 257mila quintali (2.480mila a livello nazionale). «L’uso più importante è ancora legato all’olio – spiega il presidente di Assosementi –. Ne importiamo tanto perché produrlo all’estero costa meno e noi siamo deficitari, non riusciamo a coprire il fabbisogno con le nostre colture». E nel futuro del girasole? I ricercatori sono pronti a scommettere: sempre più produzione di biocarburante.

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