Lavoro nel nome Pd, la petizione Centinaia firmano l’appello di Lepore

Il sindaco con il collega di Ravenna de Pascale: "Discussione nei circoli, ma non sarà una corrente". Tra i primi 70 sostenitori il patron di Datalogic Volta e l’ex leader Cgil Camusso. Su change.org crescono i fan

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di Rosalba Carbutti

Difficile che si chiamerà ‘Padel’, impossibile che la sigla sia ’Pdl’. Ma poco importa. Ciò che conta sono quelle sei lettere, lavoro, da aggiungere al nome del Partito democratico. Ne è convinto Matteo Lepore, ma anche il sindaco di Ravenna Michele de Pascale insiste sulla necessità di queste sei lettere. Da qui, il via a una petizione partita con 70 firmatari noti, ma che su Change.org ieri superava già quota 350 e presto sarà discussa nei circoli Pd. Obiettivo: cambiare il nome al partito democratico. "Senza tabù", nemmeno quello di togliere la parola ’partito’, ammette Lepore in risposta alle parole dell’ex Sardina e consigliere Mattia Santori.

Già scorrendo i nomi dei primi firmatari, ci sono sorprese. Tra sindaci, esponenti dem e amministratori, ci sono anche imprenditori e rappresentanti sindacali. E, quindi, accanto all’ex ministro Roberto Speranza, oggi leader della sinistra di Articolo 1, ci sono il patron di Datalogic, Romano Volta, ma anche l’ex leader Cgil Susanna Camusso. Tanti, invece, i nomi del Pd: Monica Cirinnà, il parlamentare Ue Brando Benifei, il consigliere regionale Stefano Caliandro, la presidente dell’assemblea regionale Pd Emma Petitti, Simona Lembi, la consigliera Cristina Ceretti. Poi l’assessore Max Bugani, il politologo Piero Ignazi, Irene Enriques, direttrice generale Zanichelli, il prof Andrea Segrè.

"Sono persone di diversi schieramenti e aree politiche", spiega Lepore che, per ora, nella partita del congresso Pd non ha fatto alcun endorsement. Un assunto confermato dal posizionamento del collega de Pascale che, invece, ha già scelto di appoggiare Stefano Bonaccini (creando anche una certa sorpresa tra i fan del governatore per questa iniziativa ’laburista’). L’idea – spiegano i primi cittadini – è aprire un dibattito. "Non si tratta solo di un’operazione cosmetica di marketing", assicura Lepore, ma "mettere insieme "democrazia e lavoro fornisce una missione al nostro partito".

Usiamo una parola, lavoro, "che capiscono tutti, molto più di riformismo e progressismo. Una parola che riguarda la realtà delle persone", gli fa eco de Pascale. Il primo cittadino di Bologna risponde ai detrattori: "A chi ha accusato dicendo che lavoro è una parola novecentesca rispondo dicendo che, come recita il primo articolo della nostra Costituzione, lavoro è dignità, lavoro è libertà delle persone. Lunedì un trentenne è morto in un cantiere in città. Ai familiari di quel lavoratore davvero c’è chi gli vorrebbe dire che lavoro è un lemma del novecento?", insiste. I sindaci si smarcano, invece, dall’idea di una svolta laburista per portare alla creazione di una nuova corrente. "Se uscissimo dal congresso non con delle correnti che portano il nome di qualcuno, ma con aree politiche culturali, sarebbe un miracolo e sarebbe sicuramente qualcosa di più comprensibile agli elettori", spiega Lepore. Ciò che conta, in soldoni, è "ripartire dai fondamentali. E incidere sul congresso", insiste. Insomma, la discussione sui nomi (che si riduca al derby emiliano Bonaccini-Schlein) non basta.

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