Le notti del Pratello rivivono al Comunale

Emidio Clementi porta in scena il libro ambientato negli anni ’90 "La strada per me era come il Vicolo Kannery di Steinbeck"

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Era una esistenza vissuta tra il sottosuolo delle cantine da sgomberare e le feste sino all’alba nelle case occupate, i pomeriggi consumati nelle sale prove e una forma di socialità esasperata, una continua condivisione di esperienze e di sogni creativi. Era il Pratello raccontato nel libro di Emidio Clementi, poi diventato leader della band Massimo Volume, La Notte del Pratello, che l’autore mette in scena domani (ore 19) in diretta sulla pagina facebook del Teatro Comunale all’interno della rassegna Oceano di Suoni. Con lui, sul palco della Sala Bibiena, Stefano Pilia alla chitarra e Mattia Cipolli al violoncello.

Clementi, le storie nel libro si svolgono nei primi anni ’90, il volume è stato pubblicato nel 2001. C’è voluto oltre un decennio per razionalizzarle?

"In realtà non pensavo assolutamente che quel periodo così importante, formativo, della mia vita, potesse diventare un racconto. Ma quelle avventure che avevo vissuto si erano tramutate in storie quasi leggendarie, continuamente evocate nelle chiacchierate con gli amici. Metterle su carta è stato allora naturale".

C’è stata qualche suggestione letteraria alla base?

"Si, la scoperta di un capolavoro, Vicolo Kannery, di John Steinbeck, che era diventata per me una lettura ossessiva. Mi sembrava che via del Pratello fosse il mio Vicolo Kannery, come se la scrittura, l’immaginazione potesse azzerare le geografie. Mi pareva che nella strada dove vivevo ci fosse la stessa esuberante ricchezza di personaggi che caratterizzavano il luogo narrato da Steinbeck. Microcosmi che nascondono un mondo".

Il suo mondo, allora, era diviso, tra una città sotterranea e una notturna, vivacissima.

"Tutto il libro si snoda seguendo le vicende di un fuorisede, arrivato a Bologna con la mitologia della città universitaria, ricca di occasioni che attendono solo di essere soddisfatte e una realtà più dura. Per sopravvivere si occupa di sgomberare le cantine. E questo gli permette di entrare in contatto con una umanità incredibile, che attraversa le classi sociali e i luoghi".

Di giorno le cantine, di notte le feste.

"Quel Pratello era la via della case occupate, della vita trascorsa insieme, di conoscenze e scoperte continue, che non avevano solo a che fare con le rivendicazioni politiche, ma erano sature di arti. Una continua fonte di ispirazione, anche quella, certo, diversa dal buio della cantine, che influenzerà sia La Notte del Pratello, sia le prime canzoni dei Massimo Volume, quelle del nostro disco d’esordio, ‘Stanze’".

Periodo con il quale lei ancora si confronta?

"Il finale del libro conteneva già una premonizione. Forse in quelle pagine c’era il decadimento della via come l’avevamo vissuta. Lo sgombero della case occupate ha segnato la fine di una vicenda epocale. Rimane una strada, che sino a prima del lockdown, era un punto di incontro, una via vivacissima, dove quando torno, forse anche per un fatto anagrafico, mi sento fuori luogo".

p. p.

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