Le otto indagini ritrovate di Sarti Antonio

Macchiavelli, il corpus di racconti con due inediti "Storie con Lorusso e gli sgomberi sul Reno"

Il giallista Loriano Macchiavelli, padre letterario di Sarti Antonio

Il giallista Loriano Macchiavelli, padre letterario di Sarti Antonio

di Claudio Cumani

Racconta Loriano Macchiavelli che tempo fa, durante la presentazione di un libro, una signora gli si è avvicinata con un sacchetto di caffé in mano, dicendogli: "Faccia provare questa miscela a Sarti Antonio, sono sicura che un amante del caffé come lui l’apprezzerà". L’episodio è significativo perché dimostra come lo scombinato poliziotto protagonista di decine di romanzi e di ben tre serie televisive sia percepito dal pubblico come una persona vera. Spiega il suo padre letterario: "Fin dall’inizio l’ho sempre pensato così, uno simile a noi. E’ un poveraccio che si è ritrovato a fare il questurino, che soffre di coliti di origine nervosa e che non conosce autentiche soddisfazioni". Un ‘poveraccio’ che comunque è più longevo di Maigret (47 anni contro i 45 dell’ investigatore di Simenon) e che proprio sull’assenza di caratteristiche particolari gioca le sue carte migliori. "E’ un personaggio che mi è subito piaciuto e che porto avanti dal ‘74 cercando di non ripetere un cliché nella serialità – insiste lo scrittore –. La mia abilità è stata inventare un poliziotto anonimo in un’epoca in cui non poteva esistere".

Da qualche giorno la casa editrice Sem ha mandato in libreria 8 indagini ritrovate per Sarti Antonio, ovvero un corpus di racconti di cui si era andata perdendo nel tempo un po’ la memoria. Il libro fa seguito a 33 indagini per Sarti Antonio, con la curatela di Massimo Carloni e Roberto Pirani, nel quale erano state raccolte altrettante inchieste scritte fra il 1978 e il 2007. In questo caso ci sono sei racconti per così dire ‘storici’ ("erano sfuggiti", sorride) e due inediti.

Inediti che coinvolgono la storia recente di Bologna?

"Ovviamente sì. Sarti Antonio si ritrova, ad esempio, a guardare con i suoi occhi la morte di Francesco Lorusso l’11 marzo 1977 in via Irnerio: il racconto si chiama Il cerchio di gesso perché con il gessetto furono circoscritti i fori dei proiettili sul muro accanto al quale lo studente morì. Il testo era destinato a Micromega per un approfondimento sugli anni di piombo".

E il secondo?

"In Io sono illegale racconto lo sgombero voluto dall’allora sindaco Cofferati degli accampamenti rumeni lungo il Reno. Giorni dopo andai a vedere il posto e mi si strinse il cuore: ho pensato che anch’io ero illegale quando arrivai con una sacca sulle spalle nel Dopoguerra in città. E così ho immaginato il mio questurino guardare i bambini attaccati alle braghe del padre mentre vengono abbattute le baracche di cartone".

Quale scenario hanno le altre storie?

"In un racconto degli anni ‘80 descrivo le prime infiltrazioni mafiose in città: si intitola Ballata per chitarra e coltello ed è ambientato in via Fondazza. In un altro, Una tesi pericolosa, rievoco la catena di delitti avvenuta all’interno del Dams proprio mentre usciva nelle librerie Il nome della rosa di Umberto Eco. Attraverso le mie indagini poliziesche ho riscritto un po’ di avvenimenti reali della città".

Presto arriverà il nuovo libro?

"Fra fine anno e inizio ‘22 uscirà il nuovo romanzo dedicato a Sarti Antonio e ambientato ai nostri giorni. Si vedrà un dietro le quinte inaspettato di Bologna. Non solo. Ci siamo sentiti con Francesco Guccini e dovremmo ricominciare presto a scrivere assieme, dopo due anni di stop per la pandemia. Mi ha spiegato che ha una nuova idea".

Come mai Bologna resta comunque la capitale del giallo?

"E’ frutto del grande lavoro fatto dal Gruppo 13 nato nel ‘90 su iniziativa mia, di Carlo Lucarelli, Marcello Fois e Alda Teodorani. Lì sono le radici. Chissà, forse si deve anche alla nostra attività il fatto che oggi l’editoria si regga prevalentemente su questo genere".

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