Le strutture chiedono un sostegno: "Servono risorse da Stato e Regione"

Gianluigi Pirazzoli, presidente regionale Anaste, lancia l’allarme: "Costi aumentati e nessun aiuto. A dicembre scadono gli accreditamenti e a queste condizioni non possono essere rinnovati"

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Le strutture per anziani presenti nel Bolognese, in una percentuale che va dal 20 al 30 per cento, sono a rischio chiusura. L’allarme è lanciato da Gianluigi Pirazzoli, presidente regionale di Anaste, l’Associazione nazionale strutture territoriali e per la terza età che, tra Bologna e provincia, gestisce 28 delle Case di residenza per anziani su un totale di 56.

Presidente, cosa sta succedendo?

"Tutti i costi sono aumentati, dal personale, all’energia che, dal settembre scorso ha un costo che è triplicato, all’inflazione. A fortissimo rischio sono tutte quelle strutture che hanno dai 30 ai 50 posti e che non riescono più a far quadrare i conti. Ma tutti questi problemi non nascono oggi: ora sono esplosi".

Quando hanno iniziato a emergere?

"Dal 2013. Non si è più tenuto conto dell’aumento del costo del lavoro, della questione inflazionistica che è sempre stata presente. Da allora a oggi possiamo stimare un venti per cento di spese in più".

In tutto questo tempo non è arrivato nessun aiuto, nessun fondo?

"Non è arrivato nulla nemmeno nel periodo della pandemia, quando tutte le strutture per anziani sono andate in forte sofferenza. Il fatto è che dei problemi di questo settore, quindi della possibilità di fondi dedicati, non c’è traccia né nel Pnrr ma nemmeno in Regione. Eppure questo è uno di questi settori che diventerà sempre più indispensabile perché gli anziani aumentano e crescono i grandi anziani, con tutti i loro bisogni".

Ci può dire quali sono?

"Questa tipologia di persone ha necessità di un’alta intensità sanitaria: servono medici, infermieri, fisioterapisti che è già una difficoltà trovare e quando riesci a reperirli devi pagarli molto. Ma c’è un’altra questione legata ai bisogni degli anziani che si verifica solo nella nostra regione".

Ce la spiega?

"Certamente. Solo in Emilia Romagna sono state eliminate le Rsa, cioè le Residenze sanitarie assistenziale. Tutto è stato riunito sotto un’unica tipologia, le Cra, le Case di residenza per anziani e tutti gli ospiti vengono convogliati in queste strutture, sia che si tratti di persone ancora autosufficienti che non".

Vuole dire che si è persa la specializzazione delle case di riposo?

"Sì. Non ci sono strutture specializzate che offrano anche un servizio specializzato che deve essere differente e organizzato in maniera diversa a seconda della necessità dell’anziano".

Cosa si può fare per evitare la chiusura delle strutture?

"Come Anaste, assieme ad altre sedici sigle, abbiamo inviato un piano di intervento al ministero della Salute, ma poi è arrivata anche la crisi di governo a rallentare tutto. C’è la necessità che si apra un dialogo serrato tra la Regione che è il committente e i gestori: a fine anno scadono gli accreditamenti, cioè i contratti fra Regione e privati e in queste condizioni non si possono rinnovare. Noi siamo pronti per fare la nostra parte, però dalla Regione ci devono dire di cosa hanno bisogno e noi diremo cosa possiamo fare, tenuto conto dei costi e delle risorse che ci sono a disposizione. Ma prima bisogna fare una ricognizione della situazione degli anziani e i gestori delle strutture la conoscono".

Quanto si paga per un anziano in una Cra convenzionata?

"Mediamente dai 50 ai 54 euro al giorno, gli altri li mette la Regione e consideri che in questa quota, a carico della famiglia, ci sono: l’assistenza medica e infermieristica, la fisioterapia, l’animazione. La cifra è bassa per tutti i motivi che sono stati elencati. Per stare dentro alle spese occorre aumentare un po’ la quota".

Se non si riesce, cosa succede?

"Quello che non vogliamo: il fallimento delle strutture quindi anziani che non saprebbero più dove andare e potrebbero finire in ospedale, aumentando il problema degli accessi e dei posti letto. Oppure che certe case di riposo finiscano nelle mani di multinazionali che, sappiamo, non si fanno molti scrupoli".

Monica Raschi

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