NICHOLAS MASETTI
Cronaca

L’omicidio della vigilessa. Quei 16.861 messaggi. Scontro sui contenuti hot

Il pm sfida la difesa e legge le chat erotiche: "Dimostrano chi è Gualandi". La famiglia di Sofia approva. Lui le scriveva: "Non reggo, sto per crollare". .

Giampiero Gualandi, ex comandante dei vigili urbani di Anzola Emilia. È stato lui ad uccidere l’amante Sofia Stefani

Giampiero Gualandi, ex comandante dei vigili urbani di Anzola Emilia. È stato lui ad uccidere l’amante Sofia Stefani

"Mi crei tensioni". "Non reggerò se andiamo avanti così". "Finirò per crollare". Dall’11 dicembre del 2023 al 16 maggio del 2024 tra Giampiero Gualandi e Sofia Stefani sono stati scambiati 16.861 messaggi. Una chat piena di "tensione" e "pressione", secondo quanto descritto da Matteo Filippone, maresciallo maggiore del Nucleo investigativo dei carabinieri, che ha analizzato nello specifico le conversazioni, ottenute da copia forense, estrapolate dal consulente informatico Michele Sacchetti.

Fino al 14 maggio, quando Gualandi scrisse: "Sono davvero esausto, sono esaurito. Non ho più le energie per sopportare. Sono davvero disperato, non sono MAI stato così male". Il giorno dopo, presumibilmente, l’ex comandante della Polizia locale di Anzola dell’Emilia cancella molte delle conversazioni avute con la vigilessa. Rimane solo la presenza di una videochiamata. Poi, il giorno della tragedia, quando Stefani viene uccisa nell’ufficio di Gualandi nella sede del comando della Polizia locale di Anzola, un’altra probabile pulizia dei messaggi. Perché poi, nelle indagini, le conversazioni tra il 63enne e la vigilessa 33enne non sono più presenti nel telefono di Gualandi. Così, attraverso lo smartphone della donna, la procura è risalita a tutti quei dialoghi che sono andati avanti per mesi tra i due. Chat continue e telefonate a ripetizione, ma anche materiale erotico, link e promesse.

Fino al triste epilogo della relazione extraconiugale andata avanti per lungo tempo. Sono le 12,41 e lui entra nell’ufficio. Stefani si trova a Cervia. Messaggiano per l’ultima volta alle 12,49. Poi lei parte da Cervia, in scooter, direzione Anzola. Si sentono alle 15,34. Una telefonata lunga 21 secondi. "Lei è ferma nei pressi del casello autostradale di Bologna San Lazzaro", racconta Filippone davanti ai giudici della Corte d’Assise, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo. A quel punto, intorno alle 15,55 l’arrivo ad Anzola. Poi l’ultima chiamata tra i due, di cinque secondi. Lei entra nell’ufficio di Gualandi. Passano quattro minuti e alle 16 è Gualandi a chiamare il 118. Stefani è morta, uccisa da un colpo di pistola. Secondo l’imputato, difeso dagli avvocati Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, il colpo partì durante una colluttazione. Mentre per la procuratrice aggiunta Lucia Russo si tratta di omicidio volontario, aggravato dal legame affettivo con la vittima e dai futili motivi.

Oltre a WhatsApp in aula emergono anche chat su app come Viber e Signal. Foto e video espliciti. "Una ciclica alternanza di quiete e tensione nel loro rapporto", dice Filippone. Incontri nella sede all’insaputa dei colleghi, "facendo attenzione" che nessuno vedesse. Ci sono messaggi sessualmente forti. Ma anche "baci dietro alla colonna", uscite in motel. A quel punto parte una diatriba tra l’avvocato Benenati, che chiede l’interruzione della lettura di questa parte, e la pm Russo. "L’imputato è stato rappresentato per mesi come un buon padre di famiglia, perseguitato da Stefani – ha detto Russo - e anche se non indulgeremo su questi messaggi, è importante far conoscere ai giudici quello che scriveva Gualandi". I familiari della vittima, assistiti dall’avvocato Andrea Speranzoni, sono in aula e ascoltano. "Per loro è doloroso, ma ritengono che la Corte debba conoscerne il contenuto", spiega Speranzoni. Gualandi a quel punto esce dall’aula. E non ci rientrerà. Neanche quando ci sarà il controesame del suo legale, anche attraverso il consulente informatico Lorenzo Benedetti. Fa lo stesso l’avvocato Lisa Baravelli con il consulente tecnico Michele Ferrazzano. Una relazione che, come detto dal maresciallo, "non era mai stata interrotta". Nonostante sensi di colpa, minacce, denti rotti, costole incrinate, moglie e fidanzato.