Long Covid, l'odissea di Benedetta: "Olfatto e gusto azzerati da oltre un anno"

Bologna, la ragazza, 21 anni: "Mi piacerebbe sentire il mio profumo, che mi ricorda mia madre. Non percepisco più l’aroma del caffè e se mi invitano a cena non so se quello che hanno cucinato è buono"

Benedetta Bonfiglioli, vittima del long Covid

Benedetta Bonfiglioli, vittima del long Covid

Bologna, 13 febbraio 2022 - Vivere da tredici mesi senza senza olfatto e gusto: non è facile e Benedetta Bonfiglioli, 21 anni, bolognese, al terzo anno di Psicologia all’università di Padova, sta lottando con tenacia per tornare a sentire l’aroma del caffè, il suo profumo e qualsiasi altro odore, e assaporare una pietanza. Il Covid le ha azzerato due dei cinque sensi.

Long Covid, senza gusto e olfatto: "Una ricerca per scoprirne le cause"

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"A gennaio del 2021 sono risultata positiva e da quel momento la mia vita è cambiata. Me ne sono accorta facendo un tampone molecolare – spiega –, perché un mio amico si era contagiato, e la mattina dopo la diagnosi mi sono alzata dal letto, sono andata in cucina e non ho sentito l’aroma e il gusto del caffè. Dieci giorni dopo ho ripetuto il molecolare, era negativo, ho ripreso la mia vita normale, perché non avevo avuto altri sintomi, sperando che presto la situazione sarebbe tornata alla normalità. E invece sono ancora nella stessa condizione di un anno e un mese fa".

Benedetta finora ha sempre guardato avanti con ottimismo, ha cercato anche un modo per ritrovare i due sensi perduti. "Mi sono rivolta a uno specialista, in Romagna, e dopo aver affrontato lo sniff test, durante il quale ho annusato alcune sostanze – ricorda la studentessa –, mi è stato consigliato un integratore e un elenco di oli essenziali da acquistare per eseguire a casa una sorta una sorta di terapia olfattiva: ma quando sono tornata al controllo non sono riuscita a i ndividuare alcun odore".

A questo punto Benedetta è diventata un po’ scettica sulla ripresa, tuttavia sta bussando alle porte degli ospedali della nostra città in cerca di una soluzione: "La speranza si sta affievolendo. Non mi sveglio più sperando di sentire l’odore del caffè e non mi lavo sperando di riuscire a percepire il deodorante. Quando cucino non penso più al sapore dei cibi e alcune volte non provo neanche a immaginarli perché so che la maggior parte di quei sapori che adoravo non me li ricordo più". Si sa, il profumo scatena ricordi, a volte in un attimo la memoria olfattiva ci può riportare indietro di anni a un episodio, a un amore, a un familiare.

"Mi piacerebbe sentire il mio profumo, quello che comunque metto ogni giorno prima di uscire di casa, che mi ricorda la mia mamma. Mi piacerebbe abbracciare mio babbo e sentire il suo odore o entrare in casa e sentirmi pienamente a casa, accolta e coccolata da quell’odore che la rende unica. Percepire e distinguere ogni persona per il suo odore è sempre stata una delle mie attività segrete preferite, mi sembrava di conoscerle un po’ meglio – ammette la ventunenne –. Adoravo assaggiare cibi di paesi e culture diverse per scoprire nuovi sapori e provare a riprodurli a casa. Cucinare per i miei genitori e i miei fratelli, assaggiando e sperando di migliorare di volta in volta, perché la cena era il nostro momento e non volevo rovinarla con un piatto scialbo. Mi ritengo una persona buona e poter ringraziare e apprezzare quello che gli altri fanno mi rende felice".

Eppure , adesso, anche i suoi sentimenti sono cambiati. "Ho iniziato a odiare di essere ospite a cena da qualcuno per il forte imbarazzo che provo nel non poter ringraziare: ciò che hanno cucinato per me non è più buono o cattivo. Mi trovo davanti a un bivio: ’Grazie davvero, consistenza ottima!’ oppure non dico niente sperando che capiscano. Passo le giornate con la paura di puzzare, faccio lavatrici quasi ogni giorno perché, anche se non sudo, i miei vestiti potrebbero fare un cattivo odore. Brucio il cibo e me ne rendo conto solo quando vedo il fumo in cucina. I primi tempi sono difficili, ma con il passare dei mesi ci si abitua a vivere nella propria bolla". Infine, "non do colpa ai medici, ma il loro ’non sappiamo cosa dirti’ a volte mi fa credere che questo incubo non finisca. Eppure, l’ottimismo non mi manca. Domenica sera, dopo un week end passato con il mio ragazzo – conclude Benedetta –, inconsapevolmente mi sono posizionata dal suo lato del letto. La mattina mi sono svegliata annusando il cuscino dove ha dormito per un paio di notti. Ho continuato la mia giornata senza rendermi conto di ciò che avevo appena fatto. Ripensare al perché dì questi gesti mi ha fatto sorridere e riflettere: in fondo la speranza non si spegne mai".  

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