Lorenzi: "Pasolini è la nostra angoscia"

Il regista mette in scena da stasera all’Arena del Sole la tragedia ’Affabulazione’. Domani ’lectio’ di Recalcati prima della recita

Lorenzi: "Pasolini è la nostra angoscia"

Lorenzi: "Pasolini è la nostra angoscia"

di Claudio Cumani

Un thriller psicologico fatto di allucinazioni, piani temporali sovrapposti, richiami parodistici e grotteschi, visioni care all’immaginario di David Lynch. Ma chi ha detto che i copioni di Pasolini non sono adatti al palcoscenico? Per il regista Marco Lorenzi ‘Affabulazione’ (il testo scritto da PPP nel 1966 e portato da Vittorio Gassman) è piuttosto un sogno angoscioso o meglio un viaggio labirintico nella coscienza della classe borghese degli Anni ‘60 che oggi diventa un viaggio nella coscienza di tutti noi. Un Padre, un Figlio, l’ossessione del potere, la vecchiaia opposta alla giovinezza, la ferocia della famiglia, la spirale della follia... C’è tutto questo e molto altro nella tragedia in scena da oggi a domenica all’Arena del Sole, diretta da Lorenzi con un cast di sei attori e prodotta da Ert nell’ambito del progetto ideato da Valter Malosti che prevede l’allestimento dei sei spettacoli pasoliniani. Venerdì alle 19, prima della recita, Massimo Recalcati terrà all’Arena una lectio appunto legata alla questione del patriarcato dal titolo ‘L’enigma delle generazioni’.

Lorenzi, come ci si accosta alla complessità di un testo come questo?

"Si tratta di una sfida teatrale gigantesca che richiede un’analisi dello scritto instancabile. Qui non ci si può permettere superficialità: bisogna scavare nel linguaggio originale per capire come la presenza dell’attore sia fondamentale. E questa è la miglior risposta a chi ritiene le tragedie di Pasolini irrappresentabili".

In che misura la crisi della borghesia datata 1966 riflette la crisi dei nostri valori?

"Per lui la borghesia non era una classe sociale ma un modo di interpretare il mondo legato alla logica del capitalismo. Quella che racconta è una crisi universale perché tutti noi siamo quella borghesia. La nostra epoca è già morta ma non accetta di morire: di fronte a un futuro imprevedibile viviamo un’angoscia totale".

La figura del Padre ha un riferito a Edipo?

"Sia Sofocle che Freud ci hanno offerto analisi generazionali che leggono il conflitto fra padre e figlio come una lotta di potere. E il Padre impazzisce perché, da buon borghese, non capisce come mai il Figlio sfugga a questo schema. Ho scelto di sostituire l’Ombra di Sofocle, che apre lo spettacolo, con quella di Pasolini perché entrambi sono profeti di sventura inascoltati".

Lei è attivo nel collettivo artistico ‘Il Mulino di Amleto’. Come si vive da artisti indipendenti nel teatro italiano?

"Siamo chiamati a una resistenza continua ma teniamo duro: il prossimo spettacolo, ancora co-prodotto da Ert, sarà ‘Birds’ del drammaturgo libanese Wajdi Mouawad".

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