BEATRICE BUSCAROLI
Cronaca

Louise Nevelson, femminista e femminile

La mostra a Palazzo Fava porta per la prima volta in città le opere dell’artista. Grandi sculture dialogano con le sale affrescate

La mostra a Palazzo Fava porta per la prima volta in città le opere dell’artista. Grandi sculture dialogano con le sale affrescate

La mostra a Palazzo Fava porta per la prima volta in città le opere dell’artista. Grandi sculture dialogano con le sale affrescate

La vera svolta matura verso la fine degli anni Quaranta: nella New York animata dagli "irascibili" e dai nuovi confini della pittura, Louise Nevelson (Kiev, 1899 – New York, 1988) lavora all’interno di quella Junk Sculpture, l’investigazione che si concentra sull’assemblaggio dei materiali di recupero dei centri urbani, la possibilità che lo ’scarto’, il rifiuto, possa essere riconvertito in manufatto artistico. La scelta sembra muoversi in una direzione del tutto particolare. La più rivoluzionaria scultrice americana costruisce contenitori di oggetti, una sorta di libreria della memoria sulla quale stende un colore monocromo, utilizzando il legno. A proposito di memoria e di relazioni familiari, con il concorso dei propri ricordi e della sua vita: il padre, ebreo ortodosso, già commerciante di legname a Kiev, aveva abbandonato la famiglia per emigrare negli Stati Uniti quando Louise aveva pochi anni. E lei, come dichiara a Diana McKown, "io parlo al legno e il legno mi risponde".

Ancora, come ha sottolineato Germano Celant nel 1971, la Nevelson "concentrandosi su di sé, come essere autonomo dall’uomo, è giunta all’autoaffermazione in una cultura maschile e maschilista", realizzando un lavoro capace di essere insieme femminile e femminista. La famiglia riesce a ricongiungersi: il padre ha ottenuto successo, Louise (dopo il divorzio dal marito C. Nevelson) si dedica agli studi artistici, viaggia in Europa ed è allieva di Hans Hoffman; conosce e ammira Alberto Giacometti e la sua idea di uno spazio immobile, solenne e denso di memoria. Tornata negli Stati Uniti diventa assistente di Diego Rivera che le fa conoscere la cultura artistica precolombiana, viaggia in Guatemala e in Messico, iniziando a creare le prime sculture in legno. Ecco le premesse che non verranno mai messe in discussione e rimarranno punti di riferimento nel percorso del suo operare, ma la Nevelson, pur consapevole della cultura delle avanguardie, Cubismo e Costruttivismo innanzitutto, e delle radici delle arti primitive, sarà in grado di sfuggire a ogni regola o inquadramento, per portare "alle estreme conseguenze il principio (...) che ogni elemento plastico non ha garanzia né giustificazione di sorta, rispetto alle leggi a priori dello spazio; appare come un’invenzione di vita che evoca a sé l’organismo stesso dell’esperienza", come aveva prontamente intuito, nel 1962, Carla Lonzi.

Presente nelle collezioni dei musei di tutto il mondo, il MoMa e il Metropoltitan Museum di New York, la Tate Gallery, Nevelson fu invitata a partecipare al Padiglione americano alla Biennale di Venezia 1962. Aveva 61 anni. Dal 1935 gli Stati Uniti cominciano a mostrare interesse: in un mondo di artisti e critici (uomini), le sue pareti monumentali, la presenza di armi, l’ossessione per il nero stupiscono ma conquistano i contemporanei. Coetanea dei pittori Jackson Pollock, Barnett Newmann, Mark Rotko, Clofford Still, Louise Nevelson appartiene alla generazione che ha reso gli Stati Uniti interlocutore assoluto per la storia delle arti universali.

Questo patrimonio unico di esperienza e bravura è visibile ora nella mostra ordinata a Palazzo Fava da Ilaria Bernardi (Louise Nevelson, da oggi al 20 luglio 2025, cat. Silvana Editoriale), promossa e prodotta dall’Associazione Genesi e accolta da Fondazione Carisbo e Opera Laboratori. Un percorso scandito attraverso le opere ospitate nelle cinque sale affrescate dai bolognesi del Seicento: dalla Sala dedicata alle celebri sculture autoportanti in legno dipinto di nero, alla seconda che accoglie le ’porte’ (assi sulle quali l’artista incastona parti di oggetti comuni), fino alle ultime, con i collage, gli assemblaggi di piccole dimensioni, e le inedite acqueforti risalenti al 1953. Per la prima volta a Bologna, capitale morale e mondiale delle artiste donne, Nevelson ne incarna caratteri e qualità: bravura, tenacia, coraggio, bellezza...