Lucio Dalla, gli eredi vincono il ricorso. La casa-studio si può svuotare

Il Consiglio di Stato: i beni mobili non sono più indivisibili dall’appartamento

Lucio Dalla

Lucio Dalla

Bologna, 20 ottobre 2018 - I beni della casa-studio di Lucio Dalla – dal quadro, all’armadio, al soprammobile – ora si possono spostare dalle quattro mura dell’appartamento di via D’Azeglio. E quindi anche esporre altrove, oppure vendere.

LA REPLICA I parenti: "Ma la casa non sarà svuotata"

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È quanto stabilito dal Consiglio di Stato, che ha annullato la sentenza del Tar dopo il ricorso degli eredi del cantante, che si erano opposti al vincolo ministeriale secondo il quale, per motivi di interesse culturale, la dimora dell’artista e tutto ciò che conteneva fossero un’unica entità inscindibile. Cosa che impediva ai cugini ed eredi del maestro – Daniele Caracchi, Stefano Caracchi, Dea Melotti, Amelia Melotti, Silvana Scaglioni, rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Canino, e Lino Zaccanti, rappresentato dall’avvocato Silvia Gotti – di fare uscire dalla casa alcunché, per qualsiasi motivo. Al vincolo del ministero dei Beni culturali però loro si erano fin da subito opposti.

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Già quattro anni fa, all’inizio cioè dell’iter del vincolo, i cugini avevano attaccato una decisione senza precedenti a Bologna, dato che altre situazione simili – per esempio il patrimonio della Fondazione Rossini o la casa di Verdi – non avevano avuto lo stesso trattamento. In particolare, i ricorsi si appellavano all’assenza – diversamente da quanto stabilito – di un elenco degli effetti contenuti nella casa-studio realmente qualificabili come ‘beni culturali’ o comunque davvero legati alla vita e alla storia del cantautore, né c’era mai stato un puntuale sopralluogo da parte di un comitato scientifico per stilarlo alla presenza degli eredi: tutto era stato indistintamente definito fin da subito un ‘unicum’ indivisibile.

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Ma ora si ribalta la sentenza del Tar, che aveva giustificato l’inscindibilità della casa di Dalla da ciò che conteneva per la «importanza culturale dell’immobile e dei beni mobili come da lui sistemati, testimonianze dell’identità e della storia dell’artista». Invece il Consiglio di Stato ritiene che «la Soprintendenza abbia imposto un illegittimo e generico vincolo sul tutto, rinviando a un successivo accordo con la proprietà la chiara individuazione di cosa effettivamente sottoporvi. Non si ha un vincolo su beni determinati, ma uno ‘affettivo’, aleatorio e indeterminato». E adesso dove andranno quadri, lampadari, soprammobili, tutto ciò che sta al primo piano del civico 15 di via D’Azeglio? In teoria, gli eredi potrebbero decidere di spostare o vendere tutto quanto. Un’opzione ancora da valutare, dato che gli eredi si sono riservati di prendersi qualche giorno di tempo per analizzare la sentenza, con l’aiuto anche dei propri legali, e decidere il da farsi. 

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