e Marco Santangelo
Non proprio una vittoria. Ma tra i lavoratori partiti alle 6 di mattina dalla Magneti Marelli di Crevalcore, nella ’bassa’ bolognese, per partecipare in massa la presidio sotto le finestre del Mimit, le parole del ministro Adolfo Urso danno speranza. "C’è un futuro per Crevalcore", dice il titolare del ministero delle Imprese e del Made in Italy, terminate le due ore di summit sul destino del sito di Marelli.
Dal tavolo la fumata è quasi bianca con "la sospensione a tempo indeterminato della chiusura dello stabilimento" e i 229 posti di lavoro, in bilico tra futuro green e le decisioni del fondo Kkr proprietario dell’azienda, impegnato anche nella delicata trattativa Tim, per ora salvi.
Nel frattempo si parte con la ricerca di un nuovo acquirente per la fabbrica di Crevalcore (l’azienda ha fatto sapere che punta al disimpegno rispetto alla re industrializzazione del sito) e si guarda al futuro di tutti i siti Marelli e, più in generale, dell’automotive con uno sguardo anche alla scelta di Stellantis (come ’denunciato’ anche dal leader di Azione, Carlo Calenda) di appoggiarsi di più su fornitori francesi che italiani. Tutti temi che verranno trattati al prossimo tavolo dell’8 novembre. Per ora, commentano a caldo Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, "è stato raggiunto un primo risultato".
D’accordo le operaie e gli operai sul pullman di ritorno da Roma, ma resta, comunque, troppa incertezza. Un passo avanti, comunque, rispetto alla paura e alla preoccupazione che si leggevano sui visi stanchi, all’alba, prima di salire sul bus diretto al ministero. Tra il timore di perdere il lavoro, lo stipendio e soprattutto il futuro. È ancora buio quando si intonano i primi cori, si battono le mani e si scandisce sempre lo stesso refrain: "Giù le mani da Crevalcore". Arrivati a Roma è il momento della verità. E anche del cambio della maglietta: questa volta grigia con le immagini del presidio che da settimane prosegue davanti ai cancelli dell’azienda, in una mobilitazione di popolo che, dicono in tanti, forse "ci salverà".
In un sentimento a metà tra ansia e speranza, c’è chi punta il dito sulla mancata transizione del sito di Crevalcore che si occupa ancora di componenti per l’endotermico, quando nel 2035 è attesa la svolta dell’elettrico.
"Il problema green va affrontato a livello globale e noi a Crevalcore, non l’abbiamo mai trattato come un vero problema. Abbiamo aspettato troppi anni...", dicono in tanti. Per altri, invece, "la questione green è solo una scusa. Siamo molto indietro in Italia e a Crevalcore sia a causa di Fiat che di Kkr. Ma la nostra fabbrica – rivendicano – ha le competenze tecniche per essere riconvertita". Il timore, per la maggioranza degli operai, è comune: "Ok alla conversione green, ma sia graduale". Se non lo sarà, "non toccherà solo a noi. Ma in centinaia resteranno senza lavoro".