NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

La mamma dell’assassino con il veleno: “Non so se è davvero pentito”

Leon, condannato a 30 anni, rinuncia al ricorso in Cassazione. Per il suo legale è maturato. La donna, salva per un soffio: “Spero che sia così, ma a me non ha mai chiesto perdono”

Monica Marchioni con il marito Loreno Grimandi, avvelenato da Alessandro Leon Asoli condannato 30 anni
Monica Marchioni con il marito Loreno Grimandi, avvelenato da Alessandro Leon Asoli condannato 30 anni

Bologna, 21 settembre 2023 – Ha deciso di non ricorrere in Cassazione Alessandro Leon Asoli. Il ventunenne è stato condannato a 30 anni per aver avvelenato, il 15 aprile 2021, a Casalecchio di Reno, con pennette al salmone addizionate con nitrito, il patrigno Loreno Grimandi e la madre Monica Marchioni. L’uomo era morto, la donna si era salvata. Ora, il suo legale Davide Bicocchi, parlando di “una prova di grande consapevolezza e maturità” di Leon, auspica un riavvicinamento con la madre.

L’intervista a Monica Marchioni

“Non lo so”. Una risposta certa, dopo tanto dolore, Monica Marchioni non la trova. Sa quello che ha passato, questa donna, quello sì. "Mi hanno ammazzata quattro volte", dice. E oggi, mentre cerca di lasciarsi alle spalle il dolore, "ma non si può, non si riesce", non sa cosa pensare quando l’avvocato di Alessandro Leon, quel suo figlio che due anni fa ha tentato di uccidere lei e ha strappato alla vita suo marito Loreno, propone di avviare un "percorso di riavvicinamento" tra i due.

Monica, Leon ha rinunciato a ricorrere in Cassazione. Pensa che questa scelta dimostri una presa di coscienza, un pentimento da parte di suo figlio?

"Non so che dire. Da un lato sono contenta che abbiano deciso di evitare un’altra, dolorosa, perdita di tempo. Ma sul pentimento... non lo so. So che nell’ultima udienza del processo, Leon aveva detto ‘Voglio chiedere perdono a mia madre’. Ma in questi mesi non è successo nulla. Non ho ricevuto una lettera, neppure una cartolina. Non ho avuto segnali di questa spinta che sarebbe maturata in lui. Se poi c’è davvero, non sono certa di essere pronta a recepirla".

Era il 15 aprile del 2021 quando Leon ha provato a ucciderla e ha avvelenato Loreno. Due anni dopo, cosa prova?

"Non si va avanti. Più prendo consapevolezza, più sto male. La mia vita è devastata. Mio figlio aveva tutto. Aveva amore, aveva una vita agiata. Ma non gli bastava. E ha voluto togliere tutto a me. Non manca un giorno che non ripensi alle sue mani che mi stringono la gola. A mio marito morto tra atroci dolori in soggiorno. E c’è qualcosa che riesce a fare quasi più male di questo ricordo".

Cosa?

"L’accanimento. Il massacro che ho vissuto durante il processo. Da vittima mi hanno trattata come un carnefice. In aula sono uscite tante bugie e infamità. Mi hanno accusato di non amare mio marito, di trattarlo male. Di odiare mio figlio. Io non l’ho mai odiato, non lo odio neppure ora, dopo tutto quello che mi ha fatto. Non gli ho mai augurato il male. Anche adesso, anche in carcere, gli auguro di crescere, di maturare, di costruirsi un futuro".

Crede che la detenzione possa aiutare Leon a introiettare il male fatto, possa in qualche modo ‘rieducarlo’?

"Credo che quando una persona commette un delitto aberrante come l’omicidio, ancora più terribile perché rivolto contro i propri genitori, meriti di restare in carcere. E anche mio figlio merita di restare in carcere 30 anni. Detto questo, vorrei, per lui, che in questo tempo lavorasse su se stesso. Si creasse le premesse per un futuro una volta fuori. Dovrà essere lui stesso a valutare cosa è meglio per sé, per andare avanti".

E lei, Monica, come va avanti?

"Nella mia vita non avevo mai creduto in qualcosa di superiore. Ma quello che è successo mi ha spinto verso una ricerca spirituale profonda. L’unica che, in questo momento, riesce a darmi pace. Sto elaborando quello che è accaduto anche attraverso le parole. Sto scrivendo un libro, per raccontare il mio punto di vista. Per quanto riguarda Leon, spero che anche lui trovi le risposte che ancora cerca con l’aiuto di Dio".

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