ANDREA SPINELLI
Cronaca

Mannoia: "I teatri pieni sono la mia libertà"

La cantante domani sera all’EuropAuditorium con il tour orchestrale. "La mia generazione è cresciuta con l’idea che l’arte è politica"

Mannoia: "I teatri pieni sono la mia libertà"

La cantante domani sera all’EuropAuditorium con il tour orchestrale. "La mia generazione è cresciuta con l’idea che l’arte è politica"

Disobbedienti si nasce. E Fiorella Mannoia assicura di non essersi mai adattata a seguire "regole del viaggio" diverse dal suo sentire. Lo ricorda pure nelle canzoni con cui approda domani all’Europauditorium per l’ultima tappa emiliana del tour orchestrale. "I teatri pieni continuano a rappresentare la mia libertà" racconta. "Se la gente viene a vederti significa che il tuo è un pensiero condiviso".

Il successo è responsabilità. La pensano così pure gli artisti della Gen Z?

"Sì, ma quelli della mia sono più abituati all’idea perché cresciuti con la cultura che l’arte è politica. E se questo pensiero d’appartenenza non è così forte nei ragazzi la responsabilità è pure nostra, che non siamo stati capaci di coinvolgerli nella cosa pubblica come avremmo dovuto. Parlo in generale, perché di eccezioni ce ne sono diverse e importanti. Per questo invito tutti ad informarsi, a porsi delle domande, a dubitare, a chiedere".

Sull’ambiente c’è una sensibilità forte.

"Grazie anche a riferimenti come Greta Thunberg, fra i giovani se ne parla tantissimo. Anche perché gli effetti del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti. Di guerra, invece, si parla poco. E con grande confusione. Ecco perché è importante che pure gli artisti facciano sentire la propria voce, come abbiamo provato a fare noi due settimane fa al Forum di Assago per raccogliere fondi da destinare alle attività di Emergency e Medici Senza Frontiere. Giusta o sbagliata che sia, la mobilitazione di tanti ragazzi sulla Palestina dimostra che, almeno quella, la sentono come un’ingiustizia".

Il 29 novembre chiude il suo 2024, cominciato sul palco di Sanremo con ’Mariposa’, pubblicando un nuovo album.

"L’idea di quel brano è scaturita dalla visione di una serie tv sulle sorelle dominicane Mirabal, che pagarono con la vita la loro opposizione alla dittatura, ma anche conseguente all’attività esercitata in questi ultimi anni dalla Fondazione Una Nessuna Centomila a sostegno delle donne in difficoltà. Mariposa, infatti, è la sublimazione del femminile nel bene e nel male, una canzone per dire quello che siamo e che siamo state nella storia dalla notte dei tempi".

Wikipedia: Fiorella Mannoia, cantante e attrice italiana. Eppure, lei di testi ne ha scritti diversi. Che effetto le fa vedere tante giovani protagoniste della musica italiana appuntarsi la medaglietta di cantautrice?

"Ho sempre rivendicato il mio ruolo d’interprete con orgoglio, perché è un po’ come quello del traduttore, che si prende la responsabilità di adattare il testo originale cercando di tradirlo il meno possibile. L’interprete riesce bene nel suo lavoro quando riesce a far scoprire all’ascoltatore sfumature del testo che magari non aveva colto, a farlo emozionare per alcune parole che magari in bocca a qualcun altro suonano in modo meno evocativo che nella sua. E quando firmo il testo di una mia canzone, se qualcuno mi si vuol chiamare cantautrice va bene, se no cantante va bene lo stesso".

In trentasei anni le è mai capitato di non cantare ad un concerto ’Quello che le donne non dicono’?

"Mai. Anche se i cantanti per le loro canzoni più famose nutrono un misto di amore ed odio, perché a forza di cantarle talune possono anche stancare un po’, quando vedo la gente felice di farlo con me a squarciagola mi chiedo: perché togliergli questa soddisfazione? D’altronde capita pure a me… Da spettatrice dico che uno come Vasco, ad esempio, non può non cantare Vita spericolata. Sarebbe ‘na cattiveria".