Marco Biagi, il figlio: "Le urla e poi la bici di papà. Capii che l’avevano ucciso"

Il ricordo di Lorenzo, a 15 anni dall'agguato delle Nuove brigate rosse al padre. "Sarà sempre nel mio cuore"

Marco Biagi con il figlio Lorenzo

Marco Biagi con il figlio Lorenzo

Bologna, 16 marzo 2017 - Quella sera di 15 anni fa, martedì 19 marzo 2002, ero da poco tornato a casa dopo aver passato una bellissima giornata in gita di classe a Mantova. La mattina stessa era stato proprio mio babbo, Marco Biagi, ad accompagnarmi in macchina presso il punto di ritrovo sui viali qui a Bologna e avevo solamente 13 anni da poco compiuti. Mi ricordo ancora come se fosse ieri la conversazione che ebbi con lui e del sorriso che mi fece quando mi salutò per poi risalire in macchina e andare al lavoro. Gli dissi di tornare presto a casa la sera perché lo volevo festeggiare insieme a mio fratello Francesco e a mia mamma Marina, visto che era la festa del papà.

Quella sera erano da poco passate le 19 quando tornai e aspettavo impaziente in camera mia il babbo per raccontargli della gita e festeggiarlo. Verso le 20 vidi mia madre scendere di corsa le scale di casa urlandomi di rimanere in camera mia, perché avevano ucciso qualcuno sotto casa. Anche mio fratello, che dopo poco sarebbe dovuto andare all’allenamento di basket, scese le scale per andare a vedere che cosa fosse successo.

Fu in quel momento che mi affacciai alla finestra della mia camera che dà sul cortiletto interno del condominio e da cui si vede il portone. Alzai lo sguardo al cielo ma lo riabbassai immediatamente perché vidi mio fratello che portava nel cortiletto la bici del babbo e a quel punto capii che la persona che era stata uccisa era il babbo. Quando mio fratello mi disse che avevano ucciso il babbo non mi misi a piangere subito ma mi sedetti sul mio letto, non rendendomi minimamente conto di niente e rimasi lì immobile per molte ore perché nel frattempo la casa si stava riempiendo di decine e decine di persone.

Fu solo dopo alcuni anni che mi resi conto chi era realmente il babbo, di che cosa si occupava e dell’importanza fondamentale che ricopriva non solo in Italia ma anche all’estero.  Sì, è vero, Marco Biagi era un noto giuslavorista di fama internazionale che contribuì anche alla stesura del famoso Libro Bianco del mercato del lavoro, ma per me era e sarà sempre solo e unicamente il babbo, che più vado avanti con la vita più mi manca tremendamente.

Ho talmente tanti ricordi di lui di quando ero bambino che ci vorrebbe un libro intero per descriverli, ma quello che più mi rende orgoglioso e fiero non è tanto il ruolo che ricopriva nella società ma il fatto che, nonostante i mille impegni di lavoro in Italia e all’estero che aveva, il tempo per i suoi due figli e sua moglie lo trovava sempre.

Non ci ha mai fatto mancare niente a cominciare dall’enorme e indescrivibile amore che aveva nei nostri confronti. Ma tra i tantissimi ricordi stupendi che ho di lui sono sicuramente due quelli che mi sono rimasti maggiormente nel cuore, ovvero la passione per il calcio, in particolare l’andare allo stadio insieme a vedere tutte le domeniche il Bologna, e l’andare ai Giardini Margherita per poi, tornando a casa, fermarci alla Torinese a mangiare il gelato. 

Quella mattina di 15 anni fa fu l’ultima volta che vidi mio babbo Marco Biagi e il suo sorriso che mi disse: «Topino mi raccomando fai il bravo in gita e ci vediamo stasera a casa. Ricordati sempre che ti voglio un gran bene».  Anche io babbo ti voglio un gran bene e ti porterò sempre nel mio cuore.

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