
Lotta e resistenza. Nei volti e nelle parole dei 230 lavoratori della Magneti Marelli di Crevalcore, non c’è la minima intenzione di cedere. Dopo l’annuncio, da parte dell’azienda (gestita dal fondo americano Kkr, ndr) di voler chiudere lo stabilimento bolognese per portare la produzione a Bari, i lavoratori hanno indetto uno sciopero che con ogni probabilità continuerà fino a quando non verrà trovata una soluzione. L’unica certezza, al momento, è che gli operai, con il supporto delle rappresentanze sindacali, faranno di tutto per non far chiudere la sede della Bassa bolognese. Da ieri mattina, le bandiere di Fiom, Fim e Uil hanno sventolato sopra i cancelli della Marelli, mentre all’interno dello stabilimento si tenevano, a turno, le assemblee con i lavoratori.
Per evitare la chiusura dello stabilimento di Crevalcore "faremo tutto quello che è nelle nostre disponibilità. Quando dico tutto, dico tutto, per sostenere la vertenza e i lavoratori". Le parole del segretario generale della Fiom, Michele De Palma, arrivato in azienda nel pomeriggio di ieri, sono accompagnate dagli applausi di lavoratrici e lavoratori. Quello della Marelli "è un problema generale: è la prima azienda in cui si pensa che la transizione si fa sulla pelle delle persone".
Oltre a De Palma, fuori dai cancelli della Marelli è arrivato anche il segretario della Fim di Bologna, Massimo Mazzeo: "L’unica discussione che possiamo fare – le sue parole – è per la salvaguardia di questo sito produttivo. Qui la produzione non si tocca". Presenti anche il rappresentante della Uilm, Giuseppe Di Stefano, il segretario della Fiom di Bologna, Simone Selmi, che ha sottolineato come il presidio di Crevalcore è il luogo "da cui faremo tutte le comunicazioni e dove parte questa vertenza, che qui terminerà". Davanti ai cancelli dello stabilimento della Bassa bolognese è un via vai di persone. Lavoratori, sindacalisti, delegati di altre aziende del territorio arrivati per dare sostegno agli operai. Un sostegno a cui oggi parteciperanno anche il governatore Stefano Bonaccini e l’assessore regionale alle Attività produttive, Vincenzo Colla. Una solidarietà a 360 gradi, arrivata anche dai lavoratori e le lavoratrici dell’ex Saga: "Piena – si legge in una nota – solidarietà ai dipendenti e alle loro famiglie, oggi ferite dall’ennesima scellerata decisione di una multinazionale. Un atto di arroganza e vigliaccheria vergognoso".
I prossimi giorni saranno cruciali per definire il futuro dell’azienda. Azienda che già nel maggio del 2012, dopo il terremoto, aveva accarezzato l’idea di trasferire alcuni macchinari nel sito produttivo di Bari. Le rappresentanze sindacali chiederanno la convocazione di un tavolo a Roma affinché si apra una discussione che miri a tenere in vita il sito produttivo. "Noi siamo disponibili – sottolinea De Palma – a contrattare a partire da due punti fondamentali: la questione industriale e la questione occupazionale". Poi la domanda diretta rivolta alla presidente del Consiglio: "Da che parte sta? In questi casi non si può stare in mezzo, si può stare da una parte o dall’altra. Se si decide di stare dalla parte dei lavoratori italiani della Marelli, la presidente del Consiglio e il ministro Urso, a cui i sindacati hanno scritto unitariamente per la convocazione di immediata di un tavolo, devono alzare il livello dello scontro nelle prossime ore, chiamare Kkr e chiedere che cosa sta succedendo all’interno del nostro Paese".
Una visione condivisa anche dal segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. "Dobbiamo chiedere che la decisione sulla chiusura di Marelli venga ritirata e che ci sia una discussione sulla strategia per dare prospettiva all’attività. Chiediamo inoltre al Governo di aprire un tavolo su tutto il settore della mobilità, che richiede una politica di sistema, per non lasciar fare al mercato".
Chiara Caravelli
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