Annata da dimenticare per i produttori di castagne e marroni dell’Appennino bolognese e imolese. A stagione terminata infatti per l’effetto combinato di clima e vespa cinese il raccolto rispetto all’anno precednte è calato del 40% nel bolognese e dell’85% nell’imolese. Questi sono i dati raccolti da Confagricoltura Bologna, in collaborazione con il Consorzio castanicoltori dell’Appennino Bolognese.
"Dopo la stagione positiva registrata nel 2022, con quantità produttive davvero importanti e interessanti quotazioni, quest’anno abbiamo vissuto una campagna davvero insolita, le cui difficoltà sono dovute principalmente alle avverse condizioni climatiche che hanno colpito duramente i castagneti" osserva il presidente di Confagricoltura Bologna Guglielmo Garagnani. I numeri snocciolati dall’organizzazione agricola sono impietosi: nel comprensorio bolognese, tra le vallate dell’Idice e del Samoggia, in quella che è l’area del Marrone Biondo, la perdita è stata tra il 40% e il 50% con una resa produttiva di soli 4,55 quintali all’ettaro contro gli 8 del 2022. Ancora peggiore è stato il raccolto nella Vallata del Santerno dove, in particolare nella zona di Castel del Rio, si è assistito ad una mancata produzione tra l’80% e il 90%.
"In primavera le forti piogge hanno compromesso in parte l’allegagione delle castagne mentre l’alluvione ha causato frane e smottamenti, facendo franare a valle molti castagneti -aggiunge Garagnani- In estate è stata l’azione dei forti venti a provocare la rottura di molti rami e la caduta a terra di numerosi ricci. Oltre a questo, bisogna aggiungere l’estrema siccità dei mesi di agosto e settembre, trascorsi praticamente senza acqua a definire uno scenario che appariva già particolarmente compromesso strada facendo". La tanto sperata pioggia è infatti arrivata in ritardo di qualche settimana rispetto alle necessità produttive, dice il presidente del Consorzio castanicoltori dell’Appennino bolognese Renzo Panzacchi- tutto questo ha causato in molti casi la screpolatura del pericarpo del frutto che, di conseguenza, non può essere più commercializzato. Per essere venduto al pubblico il prodotto deve presentarsi al massimo della perfezione possibile, cosa che in moltissimi casi non è stata purtroppo possibile ottenere". La scarsità spiega anche la lievitazione dei prezzi al pubblico che variano in base al calibro della castagna dai 3 euro fino agli 8 euro al chilo per quelli più pregiati.
g.m.