Massimo Osti archivio. Idee, sogni e 5mila vestiti

Viaggio nell’eredità del fondatore di Cp Company e Stone Island. Un patrimonio di creazioni e innovazioni con sede sotto le Due Torri

Massimo Osti, storico imprenditore bolognese

Massimo Osti, storico imprenditore bolognese

Bologna, 17 novembre 2019 - Tra i tanti tesori nascosti del centro di Bologna ne esiste uno, a suo modo, unico: un archivio. Dimenticate libri e volumi, però, e fate spazio, immergendovi tra le pareti di un vecchio negozio di antiquariato, a un mondo fatto di vestiti, tessuti, disegni, idee e progetti, alcuni attualissimi e altri visionari, tutti con un unico elemento in comune: il nome di Massimo Osti, il creatore di alcune delle avventure imprenditoriali di maggiore successo nella moda degli ultimi trent’anni. Chester Perry, CP Company, Stone Island e Boneville sono solo i più famosi tra i marchi fondati da Osti, nato nel 1944 a Baricella e capace di cambiare per sempre il modo di vestirsi, in Italia e nel resto del mondo. Tanto da spingere Franca Sozzani, storica direttrice di Vogue Italia, a dire una volta: "La moda non è stata più la stessa dopo di lui, e tutti indossiamo abiti che hanno in sé qualcosa che lui aveva già pensato". Ma Osti, oltre che un designer di fama globale, è stato anche tanto altro. Un innovatore, prima di tutto. Un artista nel senso più ampio del termine. E un creativo. In grado, per esempio, di disegnare in un unico anno (1989) la nuova livrea della Vespa e di lanciare, insieme con Sting, il progetto ‘Rainforest’ a difesa della foresta Amazzonica. O di essere l’unico designer italiano invitato nel 1987 al Reichstag di Berlino, per celebrare tre anniversari: i 750 anni della capitale tedesca, i 150 della confezione tessile e i 15 della sua Cp Company. Un evento reso unico anche dalla scenografia: sul palco, invece dei classici modelli, sfilarono i performer del Traumtheater Salomé.

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Oggi il patrimonio di vestiti – più di 5.000 capi che ripercorrono la sua intera carriera e oltre 50.000 tessuti di vario tipo –, documenti, disegni, schizzi, fogli e progetti lasciati dopo la morte del designer, avvenuta nel 2005, ha trovato casa nel Massimo Osti Archive realizzato dai figli Agata e Lorenzo, meta di pellegrinaggio da ogni parte del mondo (Gran Bretagna, Olanda e Russia in testa) da parte di semplici appassionati e direttori creativi di grandi e piccole aziende in cerca di ispirazione. Un lavoro di riorganizzazione e catalogazione durato anni, da cui è anche nata la monografia Ideas from Massimo Osti, curata dalla moglie Daniela Facchinato: un volume di culto tra gli appassionati (già alla terza ristampa). "Quando siamo entrati nel suo ufficio dopo la sua morte per capire cosa fare – ricorda Lorenzo Osti – era tutto come se lui fosse stato lì fino al giorno prima, nonostante la malattia lo avesse tenuto lontano dal lavoro per tanto tempo. Agata si è presa cura di classificare tutto il materiale: solo per sistemare e ordinare la parte cartacea ci sono voluti mesi. Ma abbiamo fatto tutto quello che potevamo per celebrare il suo lavoro e dargli indietro almeno una parte di quello che avevamo ricevuto da lui". Non solo la moda: tra i progetti dell’eredità di Massimo Osti ora ospitati nell’archivio curato dai figli Lorenzo e Agata ce ne sono a decine che toccano i campi più disparati, dalla mobilità alla politica, dall’urbanistica all’ambiente. Sono racchiusi in decine di contenitori che straripano di materiale: lì non manca mai un’idea che non sia poi diventata realtà (come l’auto elettrica, datata 1987, e i primi audiolibri letti da attori) o resti tuttora attuale o addirittura all’avanguardia (come il progetto ‘Toro’, un grande anello sotterraneo per interrare il traffico dei viali cittadini e lasciare spazio in superficie a un grande parco urbano). Un patrimonio che ora Lorenzo e Agata vorrebbero far conoscere a tutti, per restituire un’immagine più completa di Osti, legata non solo ai successi nel campo della moda. "Tutti conoscono Stone Island e CP Company – sottolineano Lorenzo e Agata Osti – ma in realtà nostro padre ha fatto tantissime cose che meritano di essere conosciute, anche al di fuori della moda. Una mostra antologica potrebbe essere l’occasione giusta per svelarle e valorizzarle: il suo impegno politico, i progetti che hanno toccato i campi più disparati, il design. In passato abbiamo dialogato con le istituzioni cittadine, trovando sempre le porte aperte, ma forse non avevamo ancora le idee chiare di cosa fare con questo materiale che ora ha trovato posto nell’archivio. Nei prossimi due o tre anni vorremmo organizzare una mostra antologica dei suoi lavori. Dove? Il grosso delle persone che conosce il lavoro di nostro padre si trova soprattutto in Inghilterra, ma una parte dell’esibizione si potrebbe fare qui a Bologna, ci piacerebbe". Un omaggio che Osti – uno dei tanti talenti ricordati e celebrati più all’estero che in patria – meriterebbe da parte della città che ha amato come pochi altri. Il suo era un legame forte, quasi simbiotico, con Bologna. "Nostro padre era legatissimo alla città e, in qualche modo, voleva dare una mano – dicono Agata e Lorenzo – Gli avevano chiesto più volte di andare a Milano ma non si è mai voluto trasferire, nonostante qualche ripensamento poi lo abbia anche avuto. Però negli anni ‘80 e ‘90 Bologna era molto viva, c’era un bellissimo ambiente e lavoro e vita privata erano un tutt’uno: c’era un gruppo di amici e collaboratori che stava sempre insieme, tanto che le foto delle nuove collezioni le faceva nostra madre e i modelli che posavano erano spesso amici di famiglia". Il legame con le Due Torri portò Osti anche all’impegno politico: dal 1991 al 1995 fu consigliere comunale della lista civica Costituente Democratica, insieme con il filosofo Stefano Bonaga e il semiologo Omar Calabrese, a supporto delle giunte Imbeni e Vitali.

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