Matteo Lepore "La mia visione per Bologna Ripartire da imprese, aeroporto e ateneo"

L’assessore di Palazzo d’Accursio detta i tempi: "Per tornare a essere uno dei motori del Paese, è il momento delle scelte" Sulle voci di una sua candidatura a sindaco: "Fare nomi adesso è sterile. Questo è il mio contributo per costruire delle idee"

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"Per ripartire, Bologna deve tornare a respirare. Sempre più consapevole della propria forza e delle proprie possibilità". Matteo Lepore, assessore comunale al turismo e alla cultura – fra i nomi che circolano per la candidatura a sindaco del centrosinistra nel 2021 – non ha dubbi. "Se vogliamo che la città torni a essere uno dei motori della crescita del Paese, il momento delle scelte è adesso".

Che cosa intende con ‘tornare a respirare’?

"Parlo di ‘diritto al respiro’, nell’economia e nella vita delle persone, come risposta alla pandemia. Questa emergenza sanitaria ci ha insegnato che sviluppo economico, lotta alle diseguaglianze, rispetto della natura, difesa della salute, sono inscindibili".

Ci saranno strascichi pesanti. Che previsione fa?

"In autunno ci renderemo conto dell’impatto di una crisi economica di cui oggi non sentiamo ancora il morso. Una delle sfide sarà fare rimanere il tasso di disoccupazione sotto le due cifre".

Di qui ad allora?

"Riprendo quanto detto da Valter Caiumi, presidente di Confindustria Emilia: la città vuole sapere come rispondere alla crisi sociale e produttiva che emergerà nei prossimi mesi".

Da dove si parte?

"Aeroporto, università, sistema delle imprese. Asset che, negli ultimi dieci anni, hanno cambiato il volto della città. Devono ripartire, presto e bene. Per questo dico che è il momento delle scelte".

A cosa pensa?

"A due scelte politiche prioritarie. Imprese e istituzioni devono fare sistema. Avendo il coraggio di andare controvento, di fare scelte anticicliche negli investimenti e nell’indicare una nuova agenda per il futuro".

Può spiegare?

"La nostra forza sono le grandi aziende con la testa qui e una visione di impresa responsabile verso il territorio, accanto a un tessuto di piccole e medie".

Per esempio?

"Penso a Macron. Per tenere viva la produzione sta realizzando mascherine. Come Comune abbiamo fatto una partnership con loro, per la vendita e la consegna a domicilio: in una giornata ne sono state vendute quasi 500mila. Le consegne sono affidate anche ai ciclofattorini per i diritti dei quali ci stiamo battendo".

Parlava dell’aeroporto.

"Il governo concentra di nuovo tutto su Alitalia, sembra una maledizione che ritorna. Così rischiamo di rimanere fuori dal mercato europeo".

Che cosa serve invece per il rilancio del ‘Marconi’?

"Bologna ha bisogno dei low cost e delle grandi compagnie di bandiera internazionali. Su questo non possiamo arretrare. Piuttosto rilanciare, riqualificando ancora lo scalo".

Capitolo università.

"La scommessa sul futuro sono i giovani e le loro competenze. Abbiamo una grande risorsa a disposizione: una città che fa da perno di un sistema della sanità pubblica e della ricerca tra i più forti al mondo. Su queste risorse credo che dovremo concentrare in futuro gli investimenti privati e pubblici, a partire dai nuovi fondi strutturali".

Come trattenere gli studenti?

"Abbiamo deciso, unico Comune in Italia, di investire su un fondo per calmierare gli affitti. È fondamentale che gli studenti tornino ad abitare a Bologna".

In Giunta, lei ha anche la delega alla cultura. Nel cda della Fondazione Ert, Emilia-Romagna Teatro, è entrato Joan Subirats, vicesindaco di Barcellona, assessore a cultura e ricerca scientifica. Che significato ha questa nomina?

"È un segnale politico importante. Rafforza l’alleanza fra due città che vogliono lavorare insieme su punti dell’agenda del futuro, come scienza e supercalcolo. Bologna e Barcellona ospitano due dei supercomputer europei, e possono diventare capitali dei Big Data. Tutto ciò è in linea con la spinta all’innovazione che è stata, da sempre, la nostra missione".

Parlava di due scelte politiche. La seconda?

"Il rapporto fra Bologna e la Regione. Troppo spesso sono sembrate parrocchie distinte. Non c’è più spazio per divisioni politiche, dobbiamo essere capaci di interpretare il momento. Nella Fase 1, l’Emilia-Romagna è stata il modello migliore nel campo della sanità pubblica. Ora dobbiamo fare altrettanto per il rilancio dell’economia e il sostegno delle imprese. E anche nella Fase 2 la nostra città deve svolgere un ruolo nazionale. Bologna ha bisogno della Regione e la Regione ha bisogno di Bologna".

Ci sono investitori pronti a scommettere su questa idea di città?

"Basti pensare al progetto dello Stadio o al cantiere avviato al Tecnopolo. Gli investimenti si concentrano dove ci sono servizi, infrastrutture e una migliore qualità della vita. Ecco: dopo la pandemia vogliamo coesione sociale, contrasto alle disuguaglianze e difesa del lavoro".

Questa sua visione della città sembra il manifesto di un candidato sindaco. È pronto a scendere in campo?

"Fare nomi, adesso, è sterile. Certo, io da anni faccio politica in questa città, di cui conosco anche la pancia più profonda, e voglio continuare a farla. Bologna sa generare idee e buone soluzioni. Ora il lavoro vero deve essere un confronto su questo, e offro il mio contributo. Non c’è tempo da perdere. Attardarsi nel teatrino dei nomi e non costruire idee significherebbe non essere all’altezza della sfida".

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