Coronavirus, la Regione non aspetta. Medicina è zona rossa

Ordinanza di Bonaccini dopo due lettere di allarme ignorate dal Governo. Il post di Cesare Cremonini

Carabinieri e militari presidiano i varchi di accesso a Medicina

Carabinieri e militari presidiano i varchi di accesso a Medicina

Bologna, 17 marzo 2020 - Zero dark thirty, dicono i militari americani sulle operazioni notturne più delicate. E infatti qui, a Medicina, la chiusura scatta a mezzanotte e poco. È già lunedì, oscurità e soldati: carabinieri, esercito, finanzieri, poliziotti e polizia municipale ci sono davvero. Il territorio del capoluogo comunale e la frazione di Ganzanigo vengono chiusi e diventano, come era toccato a Codogno, una sorta di zona rossa. Qui, nella cittadina epicentro del contagio bolognese – 9 morti, 74 positivi e oltre 100 in isolamento, deflagrati dal contatto nel bar di una ex bocciofila – non si può più né entrare né uscire. Bologna e Imola erano troppo a rischio.

 

 

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image È stata istituita una sorta di zona rossa, dicevamo: se ora siamo in una maxi zona arancione in tutt’Italia, resta il fatto che le zone rosse le istituisce e le ha sempre istituite il Governo. E se per ben due volte il governatore Bonaccini ha chiesto il provvedimento, per ben due volte il Governo è stato fermo, marmoreo.

Così, di fronte all’inazione, Bonaccini ha ‘forzato’ d’accordo con i territori e ha aggirato il decreto nazionale con un’ordinanza che prevede il divieto di allontanamento e di accesso, la sospensione di quasi tutte le attività commerciali (si salvano alimentari, farmacie, forni, ottici e distributori) e di tutti i cantieri. Una scelta presa nella tarda sera di domenica e attuata poche ore dopo, quando tutti i medicinesi dormivano, per evitare che la chiusura dei varchi scattasse con metà della popolazione fuori per lavoro e metà dentro.

image Ma qual è stata la trafila burocratica che rischiava di portare a un’altra Bergamo? Da una settimana vanno avanti colloqui formali tra Regione e Governo in cui si segnala la pericolosità del cluster medicinese, ma con l’adozione del Dpcm che riguarda tutt’Italia la situazione sembra essersi bloccata. I morti però aumentano, il commissario Sergio Venturi e il governatore Stefano Bonaccini si disperano.

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E il 14 marzo arriva una nota, firmata dal dg dell’Ausl di Imola Andrea Rossi e dal primario di malattie infettive dell’Alma Mater di Bologna e del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Pierluigi Viale, che allarma tutti: nella lettera si spiega che "il fenotipo di malattia riscontrato nei pazienti, è contraddistinto oltre che da una grave e rapida progressione, anche da un’elevata diffusibilità correlata all’alto burden microbico", dunque è altamente infettivo e ha un alto potenziale ( burden ). Inoltre si dice che "considerato il rischio di rapida diffusione a Medicina" si può estendere il rischio "all’intera area metropolitana bolognese e quindi potenzialmente per un milione di abitanti". Viene, dunque, richiesta una zona rossa.

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Ma da Roma nessuna risposta concreta. Domenica una seconda comunicazione, ancora più esplicita: e ancora nulla. Davanti all’inazione del Governo, arriva la scelta della Regione di chiudere: comunicata a Roma, che annuisce come non fosse affare suo, attuata a Bologna. Così, dunque, pur nella sua drammaticità, una chiusura è riuscita per la prima volta in questo Paese: dopo mezzanotte, zero dark thirty , tutto fermo.

Diecimila i cittadini coinvolti, dieci i maxi posti di blocco: una città fantasma. Il tendone chiaro sull’ex bocciofila dove sono partiti i contagi è strinato dal sole, bruciato in un silenzio di timori. Ieri nessuno era in giro, nemmeno una passeggiata. E proprio il commissario Venturi si scaglia contro le passeggiate, fiorite invece negli altri Comuni: "Basta con il ‘cazzeggio’: non è più il tempo, perché ci stiamo giocando nei prossimi dieci giorni il futuro della salute del Paese. Rischiamo che questo servizio sanitario non ce la faccia e se voi non rimanete a casa vostra, qualcuno prenderà provvedimenti più coercitivi".  

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