Michele Merlo, la super perizia: "Medico negligente, si poteva salvare"

Discussa davanti al giudice la posizione del dottore di Rosà, indagato per la morte: "Doveva inviarlo subito in pronto soccorso". Gli atti ora tornano al pm

"Il comportamento del medico curante il 26 maggio 2021 risulta censurabile a titolo di imperizia, imprudenza e negligenza". Corretto sarebbe stato "inviare immediatamente Michele Merlo in Pronto soccorso per eseguire un emocromo urgente". Solo in quel caso, forse, poteva essere salvato. Ieri il giorno della discussione davanti al gip di Vicenza Nicolò Gianesini della ’superperizia’ dell’oncologo Valter Bortolussi e del medico legale Antonello Cirnelli, chiamati a marzo per fare chiarezza sull’operato del medico legale di Rosà, indagato per la morte (omicidio colposo) del giovane cantante Michele Merlo avvenuta il 6 giugno 2021 per una leucemia fulminante.

Michele Merlo, 28 anni, morì il 6 giugno dello scorso anno al Maggiore di Bologna
Michele Merlo, 28 anni, morì il 6 giugno dello scorso anno al Maggiore di Bologna

"Quello che è emerso in maniera pacifica – chiosa l’avvocato della famiglia, Marco Antonio Dal Ben – è la responsabilità del dottore. Michele era giovane, sano e in forma, se tra il 26 e 27 maggio avesse tempestivamente iniziato una cura adeguata, si sarebbe salvato". Questo se fosse stata valutata correttamente quella "botta", quel grosso ematoma alla gamba sinistra mostrato al proprio medico di base e poi ad altri sanitari. Il primo – che secondo i periti "avrebbe dovuto" nel tardo pomeriggio del 26 inviarlo al Ps più vicino "con un motivato sospetto di coagulopatia" – gli prescrisse un bendaggio allo zinco per alcuni giorni.

"Ho dolore forte sottocutaneo in presenza di un grumo solido – scriveva quel giorno l’ex concorrente di Amici e X Factor –, come una ciste. Allego foto. Sto curando con crema a base di eparina e aspirinaOki". Alle 14.30, con codice bianco, si presentò all’ospedale di Cittadella: "Riferisce – scrisse il nosocomio – ematoma con tumefazione in zona inguinale da circa una settimana che non ne comprende la funzionalità. Nega traumi". Alle 17.02 eccolo poi nell’ambulatorio del suo medico di base "il quale esprime la seguente diagnosi: strappo muscolare coscia sinistra". Durante la visita "il curante riferisce che il paziente segnala che aveva partecipato a un trasloco di mobili e che in quell’occasione aveva riportato un trauma contusivo e distrattivo".

Nei giorni successivi la situazione precipita, il 2 giugno un altro dottore lo visita a Vergato diagnosticandogli una tonsillite. Il 6 la morte al Maggiore per una ischemia dovuta alla leucemia promielocitica acuta (Lap). Secondo i periti, un "emocromo urgente" che doveva "immediatamente far eseguire" il medico di Rosà, "sarebbe stato diagnostico per la Lap" e avrebbe "dato avvio a un ricovero urgente in reparto ematologico per l’inizio della terapia specifica". E soprattutto: "L’inizio di tale terapia avrebbe determinato serie e apprezzabili probabilità di salvezza per il paziente" nonostante non si possa "asserire, in termini di certezze o elevata probabilità che una diagnosi e una terapia tempestiva avrebbero evitato il decesso".

Ovvero "significativamente procrastinato il suo verificarsi". Gli atti ora torneranno al pubblico ministero che dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio del medico o archiviare senza responsabili.

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