Meloni abiura il fascismo Ma l’Anpi: "Via la fiamma"

Cocchi, presidente dei partigiani bolognesi: "Si deve prendere un impegno". Bignami (Fd’I): "In questa campagna ci piacerebbe parlare di temi seri"

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di Rosalba Carbutti

Giorgia Meloni prende le distanze dal fascismo. E lo fa in tre lingue "condannando senza ambiguità la soppressione della democrazia e le infami leggi contro gli ebrei". Ma Anna Cocchi, presidente dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani) di Bologna, mette subito in chiaro che l’abiura non basta. "Non può farci credere di aver sgomberato il campo dal fascismo senza togliere la sua connotazione simbolica, cioè la fiamma. Meloni su questo deve prendersi un impegno", dice Cocchi. E pur non entrando nel dibattito politico da campagna elettorale ("come Anpi preferiamo restarne fuori"), insiste: "Abbiamo chiaro quali siano i valori dell’antifascismo. E mi auguro che i parlamentari che verranno eletti, che giureranno sulla Costituzione, li conoscano bene. O quel giuramento sarà ipocrita". Giusto o meno impostare la campagna elettorale sulle ideologie del Novecento? "Ciò che conta è rifarsi all’antifascismo. E attuare in pieno la nostra Carta. Se qualcuno che sta concorrendo alla guida del Paese sta pensando di cambiarla ci troverà assolutamente in disaccordo...".

Anche tra i dem bolognesi c’è chi chiede a Meloni di andare oltre. E togliere la fiamma del Msi dal simbolo. Il deputato Andrea De Maria, già sindaco di Marzabotto, in corsa per tornare in Parlamento, lo dice chiaro e tondo: "Il fascismo non è morto il 25 aprile 1945. Ha continuato a condizionare profondamente la storia della nostra democrazia. Fino ad oggi. Ora Giorgia Meloni dice con forza di essersi lasciata alle spalle il fascismo. Un primo passaggio importante sarà la presentazione dei simboli elettorali. Vediamo se la fiamma tricolore del Msi ci sarà ancora". Sulla stessa linea anche la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Elly Schlein, candidata alle prossime Politiche come indipendente nelle liste del Pd: "È un po’ tardi per raccontarcela se parli di Dio, patria e famiglia e lasci la Fiamma nel simbolo, e difendi i manifesti pro-vita, onestamente non bastano due minuti di videomessaggio per smarcarsi dalle ambiguità".

Il governatore Stefano Bonaccini si dice avversario di Meloni, "mai nemico", ma è convinto che per battere la destra non sia utile "agitare il pericolo fascista". E mentre il sindaco Matteo Lepore a fine luglio aveva paventato "il rischio del ritorno dei fascisti al governo", il presidente dell’Emilia-Romagna (che su Facebook risponde a Guido Crosetto di Fd’I) preferisce fare l’anti Meloni elencando una serie di motivi: "Avete votato contro il Pnrr per compiacere Orbán. Tifate per Trump, Le Pen, la Brexit e Bo Johnson, Bolsonaro. Avete lisciato il pelo ai No-Vax e ai No-Greenpass e combattuto Draghi che ha ridato crescita e prestigio all’Italia...".

Da destra, il deputato di Fd’I Galeazzo Bignami, non concepisce la polemica sulla fiamma: "Ci piacerebbe parlare di temi veri. Concreti. Oggi ho incontrato operatori energetici, imprenditori, associazioni di categoria. Mi hanno parlato del caro-energia, dell’impennata dei costi delle materie prime, della sostenibilità del Pnrr a fronte di tutti questi rincari...". In tutti questi incontri, insomma, "nessuno mi ha parlato del simbolo di Fd’I. A fronte delle nostre proposte per gli italiani – dice il meloniano – ci piacerebbe avere il contributo dalle altre forze politiche. Ma sappiamo che l’unica destra che piace alla sinistra è quella che perde. E noi, di certo, non vogliamo compiacerla".

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