È inconsueta, anche nella storia dell’avanguardia teatrale italiana, l’esperienza maturata soprattutto fra gli anni ‘70 ed ‘80 da una formazione colta, apparentemente appartata e fortemente legata ai linguaggi del cinema. Perché il Teatro da Camera di Raffaele Milani e Laura Falqui, di cui in questi giorni si festeggiano i cinquant’anni, ha seguito dalla metà del 1970 in poi un’originale sperimentazione sul gesto tra installazione, performance e video. Storie di un giocoliere metafisico è stato il loro primo spettacolo, Diario segreto di Sherlock Holmes l’ultimo. "La nostra linea – spiegano– si è sempre mossa fra immaginario pittorico e cinema. Agli inizi ci affascinavano soprattutto le creazioni di Bob Wilson e la nuova danza americana". Sono stati una dozzina gli spettacoli realizzati dal gruppo a cui ha fattivamente collaborato il musicista Stefano Falqui Massidda e che di fatto ha cessato la propria attività nell’88: Milani ha proseguito la carriera accademica come docente di estetica, Falqui ha continuato la professione di studiosa d’arte, creando ancora qualche spettacolo. Ora la coppia propone on line piccoli dialoghi immaginari (ad esempio fra gli appassionati cultori dei giardini Lea Caetani e Ian Hamilton Finlay) intitolati Conversazioni inesistenti.
Il mezzo secolo della compagnia è celebrato fino a fine mese da una mostra ospitata nei tre piani della Galleria Cenacchi di via Santo Stefano intitolata Figure in cui si dà conto dei tanti materiali legati al lavoro teatrale ma non solo: centinaia di foto, gigantografie e cinque ore di proiezioni video contenenti riprese degli spettacoli e filmati originali. Una documentazione che sarà donata ora alla Cineteca. Se ne parlerà giovedì 10 ottobre alle 18 quando, nella biblioteca Renzi appunto della Cineteca, verrà presentato il catalogo della mostra, curato dagli artisti e da Giorgio Morara, insieme a una selezione di video coordinata da Stefano Lorusso. La parabola artistica di Milani e Falqui comincia in realtà molto presto, nel 1971, con l’inaugurazione di un piccolo cineclub ospitato in una cantina di vicolo Monticelli: lì vengono presentate le opere delle avanguardie storiche e dell’espressionismo tedesco ma anche il cinema Dada e underground. Si chiamava Teatro della Pantomima quello spazio perché, oltre ai film, venivano accolte anche performance del teatro d’avanguardia.
"È stato probabilmente il primo cineclub di Bologna", ricorda Milani. Pochi anni dopo nascerà invece Teatro da Camera, compagnia che avrà un buon affaccio cittadino (gestirà per un certo periodo la Soffitta di via D’Azeglio) e nazionale. "Inventammo – raccontano i fondatori – un teatro che allora nessuno praticava: astratto, geometrico, asettico, attento al rapporto fra lo spazio e l’attore". Un teatro da camera, appunto.