Mihajlovic e Bologna, tre anni al massimo

La grande rimonta per evitare la retrocessione, la battaglia contro la malattia, la cittadinanza onoraria e tanti altri momenti unici

Durante una conferenza stampa Sinisa annunciò la malattia

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Bologna, 7 settembre 2022 - Se uno avesse la pazienza di fare il collage di tutte le diapositive più originali dei tre anni e mezzo di Sinisa Mihajlovic sulla panchina del Bologna, ne uscirebbe un album di sport e vita che, al di là dei risultati tecnici nel complesso non esaltanti, vanta pochi precedenti nell’ultracentenaria storia del club rossoblù.

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Tre anni e mezzo con un preambolo significativo: i cinque mesi in cui Sinisa fa il suo debutto assoluto da allenatore in serie A, cresciuto alla scuola dell’Inter come vice di Roberto Mancini e poi chiamato dai Menarini a novembre, per avvicendare un Arrigoni in panne, anno di sofferenza 2008-2009. Centravanti di quel Bologna è Marco Di Vaio: lo stesso che ieri, nei panni di diesse, ha partecipato alla missione romana che prima ha provato a convincerlo a rassegnare le dimissioni e poi lo ha esonerato.

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Il primo Mihajlovic rossoblù ad aprile viene liquidato dopo un 1-4 casalingo con la Roma: e a maggio la squadra si salva con Papadopulo che ne prende le redini. La seconda avventura rossoblù di Sinisa comincia invece il 28 gennaio 2019, all’indomani del fragoroso ko al Dall’Ara col Frosinone che costa l’esonero a Pippo Inzaghi. È l’inizio di una cavalcata memorabile, che in quattro mesi porta la squadra dal diciottesimo al decimo posto, in forza di un calcio aggressivo e coraggioso che fa lustrare gli occhi ai tifosi.

Quel Mihajlovic non fa in tempo a sentirsi padrone del mondo che a luglio la leucemia bussa alla sua porta. E qui le diapositive si affastellano, in un misto di emozioni difficili da essere raccontate su carta: il pellegrinaggio dei tifosi rossoblù al Santuario della Madonna di San Luca per invocare la guarigione del tecnico, la panchina soffertissima del Bentegodi in un Verona-Bologna prima di campionato ("Sembravo un fantasma, non so come facevo a stare in piedi", disse), i cori della squadra sotto la finestra dell’ospedale quando i rossoblù sbancano per 4-3 il campo del Brescia, la comparsata sul palco di Sanremo con l’amico Ibrahimovic, la cittadinanza onoraria conferitagli dal sindaco Matteo Lepore.

E poi: le conferenze stampa trasformate in uno show, i bisticci plateali con gli arbitri, il rapporto di amoreodio con Orsolini e Barrow, gli attacchi (Antonio Conte) e gli endorsement (Matteo Salvini) ai politici, il voglino mai soddisfatto di finire sulla panchina di una grande squadra , il rapporto cordiale, ma un po’ algido, col presidente Saputo. E chi più ne ha più ne metta. Poi ci sono i numeri: 157 partite di campionato con un bilancio di 47 vittorie, 46 pareggi e 64 sconfitte. Ma ingabbiare Sinisa nella fredda statistica sarebbe fargli un torto che non merita.

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