Mondo Convenienza, inchiesta choc a Bologna: 21 indagati

Maxi inchiesta della Procura dopo decine di esposti dei facchini del magazzino di Calderara: "Turni massacranti e metodi umilianti, sottopagati e costretti a lavorare senza sicurezza". La holding: "Solo calunnie"

Mondo Convenienza, inchiesta a Bologna (foto d'archivio)

Mondo Convenienza, inchiesta a Bologna (foto d'archivio)

Bologna, 15 marzo 2022 - Turni massacranti, "dalle 6 di mattina senza orario di fine", cioè "fino all’ultima consegna anche in tempo di tarda sera". Condizioni di lavoro "di continuo pericolo" con i facchini sottoposti a "metodi degradanti e umilianti di controllo a distanza" e con il rischio di "irrogazioni di penalità". Retribuzioni "palesemente inferiori" a quanto prescritto dal contratto di lavoro nazionale.

Aggiornamento Inchiesta Mondo Convenienza, i facchini: "Licenziamenti e analisi in ferramenta"

Eccolo il cuore della maxi inchiesta che ruota attorno al colosso del mobile e dell’arredamento Mondo Convenienza, con il pubblico ministero Gabriella Tavano che ha notificato l’avviso di chiusura ’lavori’ a ben 21 persone: dal presidente del Cda della holding ai vari rappresentanti legali delle società cooperative appaltatrici dei lavori di logistica (trasporto e montaggio). Con "funzioni disciplinari – scrive la Procura – e di controllo all’interno dello stabilimento di Calderara di Reno".

Il magazzino delle merci bolognesi dove lavoravano i 21 facchini che nell’agosto 2020, a distanza di un giorno l’uno dall’altro, hanno depositato ai carabinieri di Calderara 18 denunce "aventi identico contenuto e riguardanti gli stessi fatti". Una lunga lista di cooperative e società a responsabilità limitata operanti nel magazzino merci con i loro rappresentanti che ora sono chiamati a rispondere del reato 603 bis del codice penale, ovvero l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro.

Diciotto esposti

Atti durissimi – tutti, con ogni singola accusa, rimandati al mittente dalla proprietà che parla di trattamenti e retribuzioni in piena regola – con i facchini che portano alla luce una serie di presunti soprusi subiti. A partire proprio dagli stipendi, "inferiori a quelli dei minimi tabellari relativi al settore merceologico, basato sul meccanismo del 3%, oltre a non avere diritto a riposo e ferie".

Poi le condizioni di "continuo pericolo" alle quali sarebbero stati sottoposti i montatori, "in ragione della pesantezza dei carichi che eravamo costretti a sopportare in tempi di lavoro molto ristretti, dettati dal personale di Mondo Convenienza". Non solo. I denuncianti parlano di palesi "violazioni dei diritti" arrivate addirittura a ledere "la nostra personalità", come in occasione di "prelievi ematici necessari per l’idoneità lavorativa", che sarebbero stati effettuati "sistematicamente in locali interni all’azienda, non idonei sia dal punto di vista igienico che strutturale".

Prelievi di sangue fatti in molte occasioni, sempre stando alle denunce, "nell’ufficio ferramenta del piazzale di Calderara, senza neppure l’uso dei guanti", senza "un lavandino, un lettino, un frigorifero".

Inoltre nessuna misura contro gli infortuni e "in caso d’impossibilità di esercitare l’attività lavorativa per problemi di salute, le società datrici corrispondevano una retribuzione notevolmente ridimensionata, adducendo quale motivazione quella di ’aver recato disagio all’azienda’".

Proteste e scioperi

Già nel 2017 erano iniziate le prime proteste con scioperi e presidi dei facchini nel piazzale di Calderara o davanti alla sede di Bologna, seguiti da una serie di segnalazioni ai sindacati. Stessi problemi e identiche azioni anche in altre parti d’Italia che portarono alla creazione di una pagina su Facebook chiamata ’Mondo sofferenza’. Da Campi Bisenzio fino a Ivrea dove due anni fa è stata aperta un’analoga inchiesta con reati addirittura più gravi che ipotizzavano anche i maltrattamenti, il caporalato e l’aggravante della discriminazione razziale.

Quasi tutti i facchini, di nazionalità romena, avevano spiegato di aver resistito a certe condizioni perché spesso il loro era l’unico stipendio portato a casa. Secondo la Procura gli indagati "reclutavano, utilizzavano, assumevano, impiegavano manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno, determinato anche dalle loro precarie condizioni di vita personali e familiari". E questo sarebbe andato avanti dall’ottobre 2007 fino all’aprile 2018.

La holding: "Solo calunnie"

Non ci stanno gli indagati che rigettano le accuse in toto e parlano di calunnie nei confronti del colosso del mobile e dell’arredamento e che già in passato avevano ribadito. " Molti romeni rivestono posizioni di rilievo, nessun lavoratore è mai stato minacciato, gli orari di lavoro sono stati rispettati". Spiega l’avvocato Domenico Morace per uno degli indagati, il responsabile di una delle cooperative che lavorava nello stabilimento di Calderara: "Il mio assistito organizzava i turni, fungeva da ragioniere. Non è possibile addebitare responsabilità a chi era una vittima a sua volta e non una figura apicale".

Stando alle accuse, a vario titolo gli indagati avrebbero violato la normativa in materia di lavoro, "con turni programmati dalle 6 del mattino senza orario di fine"; la normativa in materia di sicurezza e igiene "anche obbligando i lavoratori a sopportare carichi fisici senza l’ausilio di strumentazioni meccaniche, ciò comportando l’eccessivo peso dei mezzi di trasporto, con conseguente pericolosa diminuzione di efficienza e affidabilità su strada degli stessi". Tutto questo malpagati e sottoposti a "metodi degradanti e umilianti di controllo"

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro