
Alessandro Ferriani aveva 17 anni
Sentiti i primi quattro testimoni per la morte del 17enne Alessandro Ferriani, avvenuta il primo febbraio del 2019 mentre faceva canoa alla Chiusa di Casalecchio. "Per noi era una consuetudine allenarci lì", hanno detto in aula i suoi compagni di squadra presenti quel tragico giorno. L’incidente si verificò intorno alle 16,30: le condizioni climatiche erano avverse e Ferriani si rovesciò con la canoa, non riuscendo più a tornare in superficie. A ucciderlo, secondo l’esame autoptico, fu un mix tra annegamento e ipotermia.
In aula, davanti al giudice Giuseppe Pighi, sono state descritte le diverse fasi di quell’ultimo allenamento: dal tentativo di salvare Ferriani da parte del giovane tecnico di base, oggi 25enne, imputato per omicidio colposo e assistito dall’avvocato Ivan Dall’Ara, ai soccorsi chiamati in ritardo come sostenuto più volte dai genitori della vittima, costituiti parte civile con l’avvocato Ciriaco Rossi, che stanno portando avanti questa battaglia dopo la prima richiesta di archiviazione. Gli altri tre imputati, accusati a vario titolo di omicidio colposo, falso e favoreggiamento, sono invece l’istruttore federale, il presidente e il responsabile del Canoa Club Bologna, tutti difesi dall’avvocato Fabio Pancaldi.
Al centro della prima udienza con i testimoni oculari si è discusso del divieto di fare canoa nella Chiusa di Casalecchio, dell’uso di una corda a cui si aggrappò Ferriani, dei metodi usati nei soccorsi, della presenza di forte corrente nella zona e anche dell’assenza di un allenatore di secondo livello. La seconda udienza sarà il 14 aprile e verranno sentiti altri testimoni di questa triste vicenda.
Nicholas Masetti