ALESSANDRO GALLO
Cronaca

E’ morto Andrea Tattini, Bologna e il basket piangono ‘Tatto’ il mito

Aveva 70 anni e sotto le Due Torri era una leggenda: dal playground dei Giardini al calcio ‘minore’, tutti facevano la fila per ammirare le sue gesta sportive

Il 'Tatto', leggenda dei Giardini Margherita: la consegna della 'zanetta' quando si è ritirato

Il 'Tatto', leggenda dei Giardini Margherita: la consegna della 'zanetta' quando si è ritirato

Bologna, 3 marzo 2025 – “E’ morto il Tatto”. E’ il messaggino che arriva su whatsapp. Un messaggio che manda in tilt la comunità sportiva delle Due Torri, in particolare quella dei canestri. Perché Andrea Tattini, 70 anni, pur non avendo vinto scudetti in serie A, era una leggenda. Anzi, la leggenda dei canestri, perché insieme con i suoi racconti, c’erano quelli degli amici. E la sua figura, quella di un eterno ragazzo nato a San Lazzaro il 13 ottobre 1954, diventa sempre più grande, così come le sue imprese.

Prima di tutto, per capire la statura morale del Tatto - stroncato da un infarto -, l’altezza: 183 centimetri. Oggi sono la norma, negli anni Ottanta no. Ma anche a 183 centimetri cosa potrai mai combinare? Il Tatto corre, salta con due palloni e li schiaccia a canestro, quasi sia un funambolo degli Harlem Globe Trotters.

Ma l’idea di un giocoliere è limitativa, perché il Tatto era (anzi, è, perché la leggenda resta) un agonista incredibile. Non sa usare né la mano né il piede mancino, perché è uno di quei giocatori cresciuti in casa, quasi autodidatta. Con la mano destra e il piede destro, però, fa faville.

Già, anche il piede, perché il Tatto, innamorato dei canestri, è anche un mediano vecchio stile. E con la maglia del Boca ottiene due promozioni. Gioca anche con i colori della Cava Monticino nel vecchio palasport di Castel San Pietro. Siamo in serie B: ma la gente fa la fila per poterlo ammirare.

Agonista, si diceva. E incapace di dire no, di arrendersi. Una volta vince con il Boca, a calcio. Salta su in auto, si cambia mentre guida (forse) arriva in tempo al palasport per giocare la sua gara. Ai Giardini Margherita, al Playground, che è il suo regno, quando smette gli regalano un bastone, la ‘zanetta’. Tatto, che è un agonista, ma uno che sta al gioco, l’accetta volentieri. Sfoggia una felpa che gli regalano gli amici ‘Trop Imbezell”, che per i bolognesi non ha bisogno di traduzione. Capelli lunghi, gira con la moto.

Un’altra volta ha un torneo a Loiano: non può dire no agli organizzatori perché giocherà con John Fultz e Dante Anconetani. E pure Charlie Yelverton. La partita è alle 20. In agenda ne ha un’altra, alle 22, al Playground. Anche volando…

E infatti, pur andando di corsa, si presenta ai Giardini quando sono le 22,30. Sulla carta partita persa a tavolino. Ma ci sono duemila persone che hanno scelto i Giardini per vedere lui. La gente rumoreggia, gli avversari capiscono, gli organizzatori pure: si gioca.

E il Tatto non si tira indietro. Deve convivere con il diabete, ma non alza mai bandiera bianca. Qualche volta si aiuta con le stampelle, altre volte in carrozzina. Ma sempre a busto eretto e testa alta, guardando lontano. Se non allena dà consigli. Partecipa anche al docu-film sul Playground. E sul suo campetto, Andrea Tattini da San Lazzaro, detta con il suo modo accattivante quello che deve essere considerato (al momento di girare l’intervista nessuno lo sa) quasi un testamento spirituale.

Provare e riprovare sul campo, per migliorare. E infatti quando negli anni Ottanta impazzano le partitelle tra amici ai cento (punti), il Tatto e i suoi fedelissimi, si inventano quelle ai mille (sempre punti).

Lascia la moglie Luana e tanti amici per i quali, appunto, era il Tatto. Un mito e una leggenda. Quanto ci mancherà.