Mummia: a Bologna restauro aperto al pubblico. Storia di un antico egizio ai raggi X

All’Archeologico l'intervento osservabile in tre momenti sul corpo di un uomo vissuto 2700 anni fa

L’intervento conservativo sulla mummia

L’intervento conservativo sulla mummia

Bologna, 16 giugno 2021 - Aveva ragione Umberto Eco a sostenere che meno cose si sanno e più la narrazione è interessante. Ma, nel caso della mummia di un antico uomo egizio attualmente in corso di restauro al museo Archeologico, le notizie ci sono e il racconto è ugualmente avvincente. La mummia proviene intanto dalla straordinaria collezione di antichità lasciate in eredità da Pelagio Palagi al Comune di Bologna ed è stata conservata dal 1994 nei depositi del museo. Si tratta di un adulto egiziano vissuto 2700 anni fa di cui gli attuali metodi di studio (è stato sottoposto perfino a una tac grazie al Dipartimento di radiologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria dove è arrivato in un contenitore sigillato) dicono molto: aveva una cinquantina di anni, conduceva uno stile di vita sano, era alto 1,60 e di ceto sociale alto. Non è deceduto di morte violenta e la colonna vertebrale si mostra in ottimo stato: quella che non va è la bocca dove mancano tredici denti ma, si sa, al tempo si mangiava farina mista a sabbia e quella consuetudine non aiutava la lotta contro la carie.

L’intervento conservativo si svolgerà in tre tranches pubbliche: da oggi a venerdì, dal 12 al 16 luglio e dal 30 agosto al 3 settembre. In quei giorni, durante gli orari di apertura del museo e nel rispetto delle misure di sicurezza, i visitatori potranno osservare quali siano le operazioni necessarie al complesso restauro tessile di una mummia dalla storia millenaria. Si tratterà di fare ricerche ad esempio sul colorante del sudario rosso che avvolge le bende e che potrebbe fornire utili indicazioni sull’epoca e sull’ambiente. Un taglio nella nodatura indica che la salma è stata violata nell’intento di rubare gioielli che evidentemente non c’erano. Il box-cantiere nel quale l’operazione si sta svolgendo è peraltro attiguo a quello dove si trova esposta la mummia di Usai, le cui bende furono restaurate e consolidate nel 2017, anche in questo caso dopo una tac al Sant’Orsola. Terminato l’intervento conservativo, la mummia sarà trasferita in prestito per cinque anni ai musei civici di Mantova unitamente a un gruppo di undici bronzetti di divinità egiziane: nella città lombarda troverà posto a Palazzo San Sebastiano per arricchire e integrare la collezione egiziana di Giuseppe Acerbi.

L’iniziativa è solo uno dei tasselli di un accordo sinergico pluriennale di più ampio respiro tra Bologna e Mantova. Altre mummie si trovano nei depositi dell’Archeologico e per loro, spiega la direttrice Paola Giovetti, si pensa a un progetto di restauro in collaborazione con Eurac in vista di un importante congresso internazionale nel 2022 a Bolzano. La mummia in restauro fu acquistata da Palagi al mercato antiquario in quel periodo molto fiorente (si racconta di un intero bastimento in arrivo a Londra nel 1789) e fu trasferita alla sua morte da Milano a Bologna dove rimase esposta fino al 1994 al primo piano dell’Archeologico. Non apparteneva ai sarcofagi acquistati nel 1833 da Palagi perché più antichi, ma nell’800 si assemblavano disinvoltamente materiali di provenienza diversa. Adesso si tratta di affidarsi a analisi diagnostiche per studiare i resti umani, le tecniche di imbalsamazione e i tessuti usati per i bendaggi. Il tutto con rispetto – dicono i ricercatori – e senza nessuna morbosità da parte del pubblico. Perché attorno alle mummie si è a volte mosso un immaginario scomposto come a inizio ‘900 quando a Londra si organizzavano appositi party (piuttosto alcolici) per sbendare gli antichi resti.

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