Michele Muccini, l’esperto di futuro. "Un vestito ci salverà la vita"

Il fisico dirige l’istituto Cnr che si occupa delle nanotecnologie

 I materiali progettati dal team guidato da Michele Muccini sono ‘nanostrutturali’ (foto Righi - Meridiana)

I materiali progettati dal team guidato da Michele Muccini sono ‘nanostrutturali’ (foto Righi - Meridiana)

Bologna, 6 aprile 2015 - IMMAGINARE il futuro. E provare a realizzarlo. Non con la sfera di cristallo, ma con sofisticate tecnologie. È l’obiettivo di Michele Muccini – fisico, direttore dell’Ismn del Cnr (Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati), presidente del consorzio Mist E-R (laboratorio per le micro e nanotecnologie dell’Emilia Romagna) – e del suo gruppo di giovani ricercatori. Chimici, fisici, ingegneri e biologi «che propongono, sperimentano, sviluppano e realizzano idee su temi che interessano le imprese». Grandi progetti che nascono dall’infinitamente piccolo.

Cosa sono i materiali nanostrutturati?

«Materiali progettati e controllati sulla scala dei nanometri, unità di misura piccolissime».

Piccole quanto?

«Un miliardesimo di metro».

Tradotto in soldoni?

«Un nanometro è la milionesima parte di una capocchia di spillo».

A cosa serve lavorare su queste dimensioni?

«Se riusciamo a controllare i materiali su scale così piccole, riusciamo a dargli funzioni totalmente nuove. E realizzare applicazioni utili, superando i limiti della tecnologia oggi sul mercato».

Un esempio?

«L’elettronica flessibile. Che supera l’era del silicio, rigido, opaco e pesante».

Per fare cosa?

«Realizzare qualcosa di flessibile, trasparente e leggerissimo».

In concreto?

«Schermi tv, smartphone e tablet arrotolabili. Pellicole flessibili al posto delle lampadine. Oggetti espandibili e ripiegabili a seconda dello spazio disponibile».

È fantascienza?

«Prototipi di questi display e di queste pellicole luminose esistono già. Si tratta solo di raggiungere, per tutte le componenti, una durabilità compatibile con un prodotto di consumo».

È un futuro lontano?

«Cinque, dieci anni».

Altre possibili applicazioni?

«L’elettronica indossabile. Cioè la tecnologia flessibile integrata nei tessuti».

Con quale utilità?

«L’abito diventa un elemento attivo. Può misurare parametri vitali, come pressione e battito cardiaco. E, in caso di anomalia, inviare subito i dati al cellulare collegato con un centro medico. Più in generale, la medicina è una frontiera tutta da esplorare».

In quale direzione?

«La bioelettronica, che crea dispositivi biocompatibili utili, per esempio, nelle neuroscienze».

Come funzionano?

«Abbiamo realizzato un microchip biocompatibile e organico che, a contatto con i neuroni, è capace di ‘parlare’ e interagire con il loro comportamento».

Quali sono gli sviluppi possibili?

«Un traguardo futuro potrebbe essere la riparazione dei neuroni mal funzionanti a causa di traumi o malattie degenerative».

Ci sono applicazioni delle microtecnologie nel campo delle energie rinnovabili?

«I pannelli solari a base organica».

Cosa sono?

«Pannelli fotovoltaici flessibili, leggeri, spessi uno-due millimetri, costituiti da pellicole spalmabili e colorate. Sono integrabili in elementi architettonici e di design. A differenza dei pannelli attuali, sono efficaci anche indoor, con illuminazione indiretta e a qualsiasi angolo di incidenza. E non hanno componenti dannose per l’ambiente: una volta esauriti si possono bruciare».

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