Negri e l’eredità del papà gallerista: "A Palazzo Albergati opere uniche"

Francesco Negri, curatore dell'esposizione su Antonio Ligabue a Palazzo Albergati, presenta opere inedite e un album di disegni dedicato a Cesarina Aprici, amore platonico dell'artista. Legame con Bologna ricordato attraverso aneddoti con il gallerista Mario Marescalchi.

Francesco Negri è con Francesca Villanti curatore dell’esposizione Antonio Ligabue. La grande mostra, che inaugura a Palazzo Albergati il 21 settembre e che nel catalogo proporrà uno scritto di Giorgio Diritti. Il curatore è figlio di Sergio Negri, 90 anni, di Guastalla (Reggio Emilia), che è stato il gallerista dell’artista (foto) nato in Svizzera e morto a Gualtieri nel 1965, ed è considerato il suo più grande esperto. Francesco porta avanti il lavoro e rappresenta per i collezionisti e le case d’asta il riferimento assoluto.

Negri, come sarà la mostra?

"Sarà un’eccellenza, completa da ogni punto di vista. E non solo per il numero di opere, soprattutto per la qualità. Abbiamo ad esempio un inedito assoluto, La lince nella foresta, olio di un collezionista che è venuto da noi a espertizzare l’opera, rimasta sempre ferma presso una famiglia dagli anni Cinquanta".

Un’opera che vi sta a cuore?

"L’album di venti disegni totalmente inediti, che sono sempre stati fermi in un cassetto e anche in questo caso il collezionista ha deciso di portarcelo per espertizzarlo e verrà mostrato".

Cosa raffigurano i disegni?

"Nella prima pagina c’è un autoritratto perché questo album doveva essere un dono per Cesarina Aprici, proprietaria della locanda Croce Bianca di Guastalla, l’amore platonico di Ligabue. Poi ci sono gli animali, i disegni classici di tutta la sua soggettistica. Nell’ultimo periodo aveva raggiunto una manualità che gli permetteva di eseguire un disegno in pochi minuti, ma qui i disegni sono eseguiti con grande cura, c’è la firma, c’è il nome scientifico dell’animale scritto in gotico tedesco e alla facciata con l’animale corrisponde sempre una facciata in cui inserisce le figurine, anche Liebig, dei francobolli, come portasse avanti una ricerca dettagliatissima".

Come si è arrivati a capire che fosse per Cesarina?

"La sua attitudine e un lavoro così curato avrebbe potuto farlo solo per lei, mio padre non ha dubbi. Sulla copertina con il disegno c’è scritto Aprici, il cognome della famiglia, poi l’album è stato venduto".

I vostri rapporti con Bologna?

"C’è un bel ricordo di questa città e di un suo mitico gallerista, Mario Marescalchi. Mio padre, negli anni Settanta, quando il fenomeno Ligabue era a uno stato embrionale, fece una mostra per la galleria Marescalchi di via Mascarella, il cui proprietario, grande e serissimo gallerista, ricevette un cliente che gli portò un autoritratto da mettere in mostra, senza però l’autenticazione di mio padre. Era talmente entusiasta che decise di farlo diventare l’emblema della mostra con i manifesti, che fece appendere per tutta Bologna. Poi chiamò Sergio per dirgli di andare in galleria per l’autentica, ma mio padre gli rivelò che si trattava di un ‘orrendamente falso’. Pagò della gente per strappare tutti i manifesti".