Bastano due euro per salvare il Nettuno

di Marco Guidi Invia la tua foto con il Nettuno o un breve pensiero a fotolettori@ilcarlino.net LA GALLERY: Ecco le vostre foto VIDEO: L'appello di Cremonini IL NOSTRO SPECIALE Salviamo il Gigante

Bologna, la fontana del Nettuno sotto la neve (FotoSchicchi)

Bologna, la fontana del Nettuno sotto la neve (FotoSchicchi)

Bologna, 26 marzo 2015 - Davvero viviamo in una strana città, senza memoria del passato, con nessuna voglia, al di là delle apparenze, di conoscere il presente e poca progettualità per il futuro. Ne volete qualche prova? Pronto.

Per iniziare parliamo di mafia. Ho apprezzato, come tutti, credo, le iniziative antimafia delle varie Procure e la grande manifestazione di Libera (foto). Ho apprezzato molto meno il tono di stupore di troppa gente: «Ma come, mafia, camorra, ’ndrangheta da noi? Incredibile». Cari signori forse non avete mai letto delle decine di furgoni, camion, macchine movimento terra, bulldozer che bruciavano nella nostra regione, forse non vi siete mai chiesti il perché di quegli ‘incidenti’? Beh se ve lo foste chiesti forse ora sareste meno stupefatti. Ma soprattutto mi vengono in mente due storie. La prima, anni ’70 del secolo scorso: a Budrio arriva al soggiorno obbligato un tal signor Leggio, primo cugino di Luciano Leggio (noto alle cronache come Liggio), uno dei grandi padrini mafiosi, poi condannato a vari ergastoli.

Bene, il mio defunto suocero, grossista di frutta, mi raccontò come, in poco più di un anno, il soggiornante obbligato si fosse impadronito di larghe fette del mercato ortofrutticolo e si fosse fatto raggiungere da tanti picciotti venuti su direttamente dalla Sicilia. Non credo che mio suocero fosse il solo a sapere. Altra storia: al Pilastro, sempre in anni lontani, era operativo il clan Lo Giudice, cui troppi negozi di via San Donato erano sospettati di pagare la protezione. Un sospetto che verificai di persona, quando in un magazzino di abbigliamento vidi una strana scena. La sera prima, un automobilista ubriaco era entrato con la macchina in una vetrina.

E il giorno dopo eccolo, accompagnato da uno dei Lo Giudice, venire a scusarsi e a pagare i danni. «Se no che protezione sarebbe?», fu il commento. Gradiremmo, quindi, meno stupore e un po’ più di memoria. E veniamo al presente: i dipendenti dei musei comunali, ignorati dall’amministrazione, conducono da tempo una battaglia contro i progetti riduttivi, le privatizzazioni e la politica dell’assessore Ronchi. Il quale, peraltro in buona compagnia, ha lamentato la partenza di Maraniello per altri e più remunerativi lidi. Maraniello è colui che ha accentrato nelle sue mani tutto il potere su tutti i musei, azzerando poteri e doveri dei vari direttori, ottemperando peraltro alle decisioni del consiglio che regge l’istituzione (complimenti vivissimi).

Ora, secondo noi, ci sarebbe materia per una riflessione vera, magari coadiuvata da qualche autorevole opinione, per un’inchiesta giornalistica. Forse ascoltare i dipendenti porterebbe a qualche risultato. Perché quella che una importante fetta del patrimonio culturale resti davvero pubblica non è una cosa per pochi eletti, ma è una questione nodale. Una questione che, una volta lasciata nelle mani sbagliate, non sarà più risolvibile né facilmente né in tempi brevi. Come un’altra cosa pare ormai irrisolvibile, quella della violenza spicciola che pervade tutta la città. Qualcuno viene fermato senza biglietto su un bus? Non solo protesta ma, spesso, mena. Uno spacciatore, di solito nordafricano e già noto (e allora viene da chiedersi perché sia ancora in Italia) viene fermato e aggredisce le forze dell’ordine. Menano gli zingari perché irritati dalle foto di un consigliere, menano gli scippatori.

Domanda, perché chi picchia non viene quasi mai arrestato? Che poi a essere aggrediti siano spesso i tutori della legge per noi è un fatto grave, al limite del concepibile, da stroncare con la massima energia. E per finire il futuro. Che il Nettuno (il nostro speciale 'Salviamo il Gigante') abbia dei problemi non lo ha detto solo il professor Tuttle, presentando il suo libro dedicato al nostro Gigante, bastava passarci davanti e chissà quale strada fanno i consiglieri comunali e gli assessori per andare in Municipio visto che non parevano essersene accorti. Ora il Carlino, come tantissime altre volte, si fa promotore di un’azione per correre ai ripari. Ci vogliono, per farlo, circa 800mila euro. Il Comune non li ha (ed è lodevole che abbia stanziato 200mila euro). A noi viene in mente un semplice calcolo: visto il numero degli abitanti di Bologna, 800mila euro sono un po’ meno di due euro a testa. Non ci pare una cifra così alta, a meno che uno non abbia una famiglia davvero molto numerosa. Questo calcolo non suggerisce nulla?

di Marco Guidi

 

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