
Elisabetta Rasy, Andra Bajani, Paolo Nori, Nadia Terranova e Michele Ruol
"Io sono quello che non ce la faccio". Se parliamo del premio Strega, davvero non si direbbe. In tanti sul web nelle ultime ore hanno ripreso e in qualche modo cambiato il finale della celebre frase da Bassotuba non c’è (Einaudi) di Paolo Nori, ora nella cinquina. Continua la corsa dello scrittore classe 1963 e il suo Chiudo la porta e urlo (Mondadori) al prestigioso premio: e dopo un tour che toccherà tante tappe per tutto giugno, il 3 luglio sarà decretato il vincitore, o la vincitrice di quest’anno. Lo scrittore che ormai da molti anni ha scelto di vivere a Bologna, a Caselecchio di Reno, ha ottenuto 180 voti per il suo romanzo dedicato alla vita del poeta romagnolo Raffaello Baldini: un’opera personale, dolorosamente autobiografica, in cui l’autore affronta il tema della perdita del padre e il tentativo di decifrare il mondo attraverso la scrittura e la memoria. Nori, in cinquina assieme ad Andrea Bajani (il più votato finora), Nadia Terranova ed Elisabetta Rasy condivide il quarto posto con Michele Ruol e il suo Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa).
Dopo la notte di Benevento, Nori che era arrivato finalista al Campiello nel 2021 con E se Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostojevskij, ha scritto alcune considerazioni, o meglio, le Istruzioni per vincere lo Strega sulla sua newsletter State bene. Dall’affettuoso scambio con il fratello Emilio, "che dopo che non c’è più mia mamma, è forse quello che ci tiene di più, che i miei libri vadano bene", alla soddisfazione per il risultato. Dopo 25 anni che pubblico libri e averne vinto "mezzo" ("una volta, nel 2006, il premio Luigi Russo Pozzale per Noi la farem vendetta a pari merito con Gomorra di Saviano"), "ero contento di essere entrato in cinquina, non mi dispiaceva per il grande distacco da Bajani". Un accenno anche ai "tanti messaggi, fra gli altri anche quello della figlia di Raffaello Baldini che mi ha detto che era molto contenta. E io le ho risposto che era incredibile che, con suo babbo, eravamo in finale allo Strega. Chi l’avrebbe mai detto".
Baldini, nato a Santarcangelo di Romagna nel 1924 e morto a Milano nel 2005, firmò diverse raccolte in dialetto romagnolo. Per Nori, una voce "che ricorda Puškin", cui ha dedicato un romanzo potente. "Sarò strano – ha detto durante la serata, parlando della rivelazione, a 15 anni, di Delitto e castigo – ma nella letteratura mi interessano le ferite che si aprono dentro di me. Baldini è uno straordinario poeta non tanto conosciuto perché scrive nel dialetto di Santarcangelo. Parla sempre di un paese piccolo, ma c’è l’orrore e la meraviglia delle nostre vite, delle mie vite, della vita di mia figlia e dei miei nipoti che ancora non esistono". Di certo, però, intanto sul web circola parecchio una poesia di Baldini, che non potrebbe interrogare di più questo presente. "Metti che venga la fine del mondo, domani, dopodomani, e moriamo tutti, metti che la terra s’infradici, si sbricioli, che si riduca un polverone, che si perda nell’aria, e la luna lo stesso, si spegne il sole, le stelle, viene un buio, non c’è più niente, e in tutto quel buio il tempo andrà ancora avanti? da solo? e dove andrà?".
le. gam.