Bologna, odissea al pronto soccorso. "Tre giorni nelle sale d’attesa di due ospedali"

La figlia di un’anziana: "Ma in una struttura privata l’hanno ricoverata per un’ulcera"

(foto d'archivio)

(foto d'archivio)

Bologna, 15 agosto 2019 - "Tre giorni, per ore, in due diversi Pronto soccorso senza riuscire a raggiungere l’obiettivo e poi la decisione di portare mia madre in una struttura privata dove è stata ricoverata e dimessa con una diagnosi di ulcera e di positività al test del batterio Helicobapter. Ora è in terapia e sta meglio". 

È l’odissea vissuta da Simona Elmi, figlia della paziente. Tutto inizia lo scorso 29 luglio, quando l’anziana, di 75 anni, da tempo con problemi di salute, si sente male, "al punto che il suo fisico non trattiene più né cibo né acqua, è disidratata, e così decido di portarla al Pronto soccorso del Sant’Orsola. Lì ascoltano il nostro racconto – spiega la figlia – e ci dicono di accomodarci e di avere pazienza. Dopo quattro ore di attesa torno alla guardiola per comunicare che mia madre ha una nausea continua, accusa forti dolori addominali e non riesce più ad aspettare seduta. Mi rispondono che ci sono ancora un po’ di persone davanti e di avere pazienza. Passa un’altra ora e la situazione diventa insostenibile: non riuscendo ad avere l’aiuto richiesto firmiamo per uscire".

Ma, passata la notte, le condizioni della donna preoccupano la figlia: "Il giorno successivo la situazione peggiora ulteriormente e allora mi rivolgo al Pronto soccorso di Budrio, dove mia madre viene visitata. Riscontrato che gli esami del sangue vanno bene, deve solo sforzarsi di bere e mangiare, le fanno una flebo di cloruro di sodio, ma non le danno farmaci per fermare la nausea e il vomito, quindi il problema persiste. Il protocollo prevede che si intervenga con la reidratazione per via venosa soltanto su pazienti molto anziani che non riescono a muoversi dal letto". E non è il suo caso. Così si arriva al 31 luglio e questa volta Simona Elmi si rivolge al medico di famiglia. 

"Il medico curante fa una richiesta specifica diretta al Pronto soccorso per avere le cure necessarie, quindi torniamo al Sant’Orsola e non appena l’infermiere dell’accettazione legge la richiesta ci dice di accomodarci e di avere pazienza. Questa volte le ore di attesa saranno 6, al termine delle quali saranno fatte due flebo di cloruro. Non viene somministrato nessun farmaco per fermare la nausea e il vomito. Di nuovo viene detto a mia madre che si deve sforzare di bere e mangiare e che deve fare accertamenti per capire la causa di questo malessere. Allora usciamo e la mia delusione è ai massimi livelli, il lato umano è inesistente, è come avere a che fare con dei burocrati e non con del personale sanitario". 

Aldilà dei protocolli, però, la figlia non vede miglioramenti e decide di portare la madre in un’altra struttura. "Siamo andate al Toniolo, dove mia madre viene visitata da una gastroenterologa che la ricovera subito per disidratazione acuta – prosegue il racconto – viene messa sotto flebo, e dopo tre ore dal ricovero comincia a sentirsi meglio. Nei successivi quattro giorni le vengono fatte numerose flebo, di diversa natura, ed effettuati tutti gli accertamenti necessari, il quarto giorno esce con una diagnosi di ulcera e una terapia per combattere l’Helicobacter che le ha causato tanti problemi".

È il momento delle riflessioni. "Lo so che nei Pronto soccorso si dà la priorità alle emergenze, ma se una persona sta male, ha bisogno di flebo, a chi si deve rivolgere? Finché non avremo altre soluzioni, l’ospedale resta un punto di riferimento".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro