Pensiamo in grande

Bologna, 8 ottobre 2019 – Si è parlato di sogno ad occhi aperti, di semplice suggestione, o di concreta opportunità. In qualunque modo la si guardi, l’ipotesi di un asse tra Firenze e Bologna per ospitare le Olimpiadi del 2032 ha raccolto da subito un entusiasmo che non si vedeva da tempo, inimmaginabile in un Paese in cui - purtroppo - le tentazioni del campanilismo e del provincialismo, sono sempre dietro l’angolo. La prima sfida è proprio questa: Bologna e Firenze possono essere le capofila di una grande operazione sui Giochi destinata a rappresentare una chance straordinaria per un territorio molto più ampio e a unire due regioni in una visione di sviluppo complessiva, in grado di coinvolgere l’Italia intera. D’altronde lo sport è uno dei maggiori patrimoni di valori e di emozioni popolari che l’umanità coltiva e sviluppa costantemente fin dall’antichità. Nella sua pratica c’è qualcosa di più di una semplice attività ricreativa, un qualcosa che lo rende un fattore decisivo di coesione sociale e di progresso culturale. Non a caso, durante le Olimpiadi, i conflitti in corso fra le città-stato della Grecia venivano sospesi per consentire ai soldati di partecipare alle gare.

È infatti nella competizione e nel confronto con gli altri, all’interno di un sistema di regole e di valori condivisi, che si rafforzano i legami reciproci e si alimenta uno straordinario meccanismo di crescita collettiva e individuale. Tuttavia, realtà complesse e interessi articolati - talora in conflitto - hanno portato ad accostare le Olimpiadi a un coacervo di burocrazia e convenienze lobbistiche volte anche ad alimentare spesa pubblica e corruzione. Le conseguenze finanziarie dello sforzo olimpico portato avanti dalla Grecia nel 2004, ad esempio, furono alla base delle perplessità dell’ex premier Monti di fronte alla candidatura di Roma per le Olimpiadi 2020. Certo le condizioni oggi sono diverse da quelle di allora e l’Italia fortunatamente non è più a rischio default. Queste ed altre considerazioni hanno portato in passato lo stesso Comitato Olimpico internazionale a valutare l’ipotesi di stabilire nella città di Atene, dove sono nati, la sede permanente dei Giochi o di fissarli, a rotazione, solo in alcune aree del mondo.

Oggi Firenze e Bologna hanno una grande opportunità. Quella di sprigionare le energie positive di due città che, già legate in un’area urbana comune, devono continuare a integrarsi, a cominciare dalle infrastrutture logistiche, in una competitività virtuosa per dare slancio internazionale a due Regioni e a tutta l’Italia. In questo senso,le Olimpiadi congiunte del 2032 non sarebbero qualcosa che esclude, ma che unisce. Ecco perché si è iniziato a ragionare su una proposta che abbia al centro una rete di territori, di competenze, di paesaggi, che indichi una nuova strada per i grandi eventi sportivi nel nome dell’accoglienza e della sostenibilità. A cominciare dall’idea di coinvolgere per gli eventiinaugurali e conclusivila città di Roma. Sarebbe l’occasione per realizzare un’impiantistica adeguata che poi resterebbe a beneficio de territorio. A questo riguardo, ci sono già i nuovi stadi della Fiorentina e del Bologna FC, ma di certo i capoluoghi da soli non bastano.

 

Vanno coinvolte anche le città toscane ed emiliane con i maggiori impianti sportivi e la fila dei sindaci che si son detti pronti è già lunga. Siamo ancora ai primi passi, ma, per ora, sono passi incoraggianti. Intanto bisogna raccogliere energie e idee per lanciare ufficialmente la candidatura. È ovvio che questo “sogno” deve poter contare non solo sulla partecipazione di due città e di due regioni, ma anche sul sostegno costante di tutti i settori coinvolti, sulla collaborazione di eccellenze della società civile, su una chiara visione allineata agli obiettivi di sviluppo a lungotermine e su un solido piano di azione. Ma soprattutto non deve costituire in alcun modo un elemento divisivo per la politica, che è chiamata a dare prova di grande maturità.

Questa è una partita che può concludersi solo positivamente perché, comunque vada, maturerà una presa di coscienza importante per le due città che hanno l’occasione per rinsaldare un asse strategico a cavallo dell’Appennino e portare a termine opere che i territori meritano anche in prospettiva futura. Senza contarel’indotto psicologico che potrebbe fare da molla per ulteriori investimenti e aumentarela percezione di benessere dei cittadini (una sorta di riproposizione dell’effetto Expo di Milano).È il momento di pensare in grande e di serrare le fila per una volata finale che potrebbe vederci vincitori, tutti. Non facciamo le Olimpiadi viola o rossoblù, facciamo le Olimpiadi italiane, le Olimpiadi tricolore!

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