Omicidio al veleno, la difesa accusa la madre: "Suicidio collettivo orchestrato da lei"

L’arringa dell’avvocato del ventenne: "È stata la donna a preparare le pennette. Aveva già tentato di uccidersi". Il papà Davide in aula: "Credo fermamente a mio figlio, non ha avvelenato lui la cena col nitrito"

Alessandro Leon Asoli è accusato di aver avvelenato il patrigno, poi morto, e la madre

Alessandro Leon Asoli è accusato di aver avvelenato il patrigno, poi morto, e la madre

Bologna, 18 maggio 2022 - "Credo fermamente a mio figlio". Davide Asoli ha seguito tutte le udienze che vedono imputato suo figlio Alessandro Leon, 20 anni, accusato di aver ucciso, avvelenandolo, il patrigno Loreno Grimandi e di aver tentato di fare lo stesso con la madre Monica Marchioni, oggi parte civile nel processo. Lunedì, la pm Rossella Poggioli, al termine della requisitoria, ha chiesto per il ragazzo l’ergastolo, con 8 mesi di isolamento diurno, mentre le parti civili hanno chiesto un risarcimento pari a 3,5 milioni.

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Ieri è stato il momento della difesa. Che ha ribaltato, nella sua tesi, le responsabilità imputate al ventenne, appellandosi al concetto dell’"oltre ogni ragionevole dubbio". "La pm, parlando di suicidio collettivo, ne ha indicato come orchestratore soltanto Leon – ha spiegato l’avvocato Toschi –. Ma ci sono dati oggettivi, non considerati dall’accusa, che invece portano a ritenere possibile che a cucinare la cena al nitrito sia stata la Marchioni". Un’ipotesi che la difesa illustra, dettagliando "una volontà suicidiaria espressa da parte della donna, che in passato aveva tentato di togliersi la vita", dice il legale. Che porta all’attenzione scambi di messaggi: "Il 15 aprile, giorno dell’omicidio, lei scrisse al figlio: ‘Stasera penne al salmone come volevo‘. Poi si corregge: ‘Come volevi’".

In merito al nitrito di sodio, l’avvocato riporta la circostanza, già acquisita in atti, che il veleno venne acquistato con "account e mail della Marchioni, pagando con la sua carta di credito". Ma principale, per la difesa, è una circostanza: "Leon ha ammesso di aver aggredito la madre, tentando di soffocarla, dopo aver capito che lei aveva avvelenato la cena. Ha detto: ‘Volevo ucciderla’ – prosegue l’avvocato Toschi –. Lo ha ammesso subito: con i carabinieri prima, con il magistrato poi. E lo ha ribadito al gip. Sempre la stessa, dettagliata, versione in cui ha negato di aver invece avvelenato la cena". L’avvocato nell’arringa difensiva ha ripercorso l’infanzia di Asoli, "turbata dagli abbandoni della madre, che lo sentiva come un peso, un ostacolo alla sua libertà. In quest’aula, rispetto a un ragazzo provato da tali esperienze, non ho sentito una parola di comprensione". Affrontando infine gli esiti delle perizie, l’avvocato ha ricordato la "anomala circostanza per cui lei non sia stata subito male, come Grimandi, ma in ospedale, dopo la lavanda gastrica, presentasse nel sangue una percentuale altissima di veleno. È un dato scientifico che ci porta a pensare a una seconda assunzione di veleno, a distanza di tempo". A fronte di questa ricostruzione, la difesa ha chiesto l’assoluzione per il ragazzo dall’accusa di omicidio e tentato omicidio relativi al veleno e la derubricazione del "tentato omicidio in lesioni personali in mertito all’aggressione alla madre".

Davide Asoli ha ascoltato in silenzio. Per 13 mesi, ogni settimana, ha fatto visita al figlio alla Dozza. E da ieri, ancora di più, non ha dubbi su Leon: "L’avvocato Toschi ha illustrato alla Corte tutte le argomentazioni che, punto per punto, dimostrano l’assoluta estraneità di Leon rispetto all’avvelenamento che porto alla morte di Grimandi. Fin dal primo momento Leon ha sempre negato ogni sua responsabilità, ammettendo invece, senza riserve, di aver aggredito la mamma e di aver avuto con lei una colluttazione quella stessa sera. Confido nella decisione dei giudici e nella loro saggezza, perché, dopo le prove argomentate ed esposte ieri, non ho dubbi sull’innocenza di mio figlio".

 

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