Omicidio di Badolo, nuove prove: "Non fu Nanni a uccidere la madre"

La difesa dell’agricoltore, condannato all’ergastolo per l’assassinio di Tommasina Olina, pronta a chiedere la revisione del processo

Omicidio di Badolo, Nicola Nanni e la madre Tommasina Olina

Omicidio di Badolo, Nicola Nanni e la madre Tommasina Olina

Bologna, 8 agosto 2022 - Oltre seimila giorni di mistero. Poi la svolta, il cold case riaperto, i processi, la condanna (definitiva) all’ergastolo per un delitto "non premeditato, – lo definì il pm Stefano Orsi – ma feroce". Perché ad uccidere Tommasina Olina, classe 1922 e originaria di Grizzana Morandi, la vigilia dell’Epifania del 2000 per la legge italiana fu il figlio Nicola Nanni. Fine della storia. Ma oggi quella brutta storia che si materializzò a Badolo, frazione collinare di Sasso Marconi affacciata sull’Autosole e sulla Val di Zena, potrebbe riservare un finale completamente diverso. Di questo, perlomeno, ne sono convinti lo stesso Nanni e il suo nuovo avvocato, Duccio Cerfogli, pronti a depositare una istanza davanti ai giudici della Corte d’Appello di Ancona per chiedere la revisione del processo a carico dell’ex agricoltore che, dalla sua cella della Dozza, continua a professarsi innocente.

IL CASO

Partiamo dalla fine. L’ultimo atto è datata 23 gennaio 2019 quando la Suprema Corte di Cassazione conferma il ’fine pena mai’ per Nanni, in precedenza scritto dai giudici dell’Appello (9 novembre 2017) e dai colleghi dell’Assise del tribunale di Bologna (25 maggio 2016).

L’avvio porta la data del 5 gennaio 2000, le ventitré passate da poco, nell’aria il pizzico di magico silenzio che accompagna ogni vigilia dell’Epifania. In quell’oscurità una mano armata da un’ascia scarica tutta la sua rabbia sulla testa di Tommasina Olina, 78 anni, ritrovata in una pozza di sangue sull’ingresso del suo casolare a Cà Fornace, lungo la provinciale che collega Sasso Marconi con Badolo.

I primi elementi? L’uscio semiaperto, un’impronta di scarpa sulla porta, dai cassetti mancano 400mila lire e un assegno bancario. Poi c’è il primo allarme, arrivato dal figlio della vittima, Nicola Nanni che racconterà: "Quella sera ero a casa di una donna che frequento da tempo, e ho trovato il corpo di mia madre al rientro". Agricoltore, all’epoca 46 anni, una condanna per detenzione di armi (fucili) a 9 mesi e 800mila delle vecchie lire, il quale si preoccupò di coprire il cadavere della mamma ancora prima dell’arrivo del 118. Finirà indagato per omicidio ma per il pm Gabriella Castore la sua posizione va archiviata come richiesto (e poi ottenuto) il 27 dicembre 2000. Perché l’anziana è stata "barbaramente uccisa da ignoti" a scopo di rapina.

Il caso così finisce in soffitta per essere riesumato poi nel 2008 grazie a un’indagine tutta nuova dei carabinieri. Nanni è ancora indagato per omicidio volontario, lo saranno pure altre due persone vicine alla famiglia (ma ’solo’ per falso e favoreggiamento). Tra le prove ritenute schiaccianti dalla pubblica accusa ci sarà l’arma del delitto, un’ascia ritrovata nella legnaia vicino al casolare che Nanni avrebbe ripulito dal sangue suo e della mamma. Arnese mai buttato perché "tagliava bene", gesto che, per la Procura, rientrava in quella mentalità contadina del ‘non si butta via nulla’. Sul manico verranno trovate tracce di Dna sia di Nanni che della madre il cui corpo sarà riesumato il 21 luglio 2010. Il resto diranno i processi e le sentenze.

NUOVE PROVE

"Ma Nanni non è l’assassino – dice oggi convinto l’avvocato Duccio Cerfogli pronto per depositare la richiesta di un nuovo processo – e lo dimostreremo. Sull’ascia, che lo stesso fece ritrovare per ben due volte, non furono mai trovate tracce di sangue e si indagò sempre in una sola direzione". Poi la figura di un teste chiave, ritenuto dalla difesa "inattendibile e deceduto prima del processo", e una pista tutta nuova che porterebbe altrove. A una banda di pregiudicati, non del posto, che frequentavano Nanni, e che avrebbe ucciso la settantottenne per soldi.

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