Omicidio di via Larga In arresto altri tre complici

Uno è in carcere a Parma, gli altri sono latitanti. Si tratta di ventenni tunisini. L’accusa, con altri due, è di avere torturato e ucciso Kaled Maroufi, 25 anni

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di Federica Orlandi

Altri tre uomini accusati di avere torturato e ucciso Kaled Maroufi, il tunisino di 25 anni trovato morto, evidentemente torturato, il 12 luglio in uno stabile abbandonato delle Ferrovie in via Larga, alle porte del Pilastro.

Così, dopo Hamza Attia (19 anni) e Mohamed Waz (20), tunisini senza fissa dimora in carcere già dal 13 luglio, dopo essere stati bloccati mentre cercavano di fuggire in Francia a bordo di treno alla stazione di Ventimiglia, è stato arrestato ora anche Hosni Nafzaoui, 22 anni, all’epoca fermato con i due connazionali, ma il cui arresto non fu convalidato dal gip d’Imperia. Questo perché negli interrogatori gli altri presunti complici lo scagionarono, raccontando che se ne fosse andato prima dell’aggressione. Ma i carabinieri "non hanno mollato l’osso", sorride il comandante provinciale Rodolfo Santovito. E cinque mesi dopo, grazie a un quadro probatorio arricchito dalle ulteriori indagini coordinate dalla pm Anna Cecilia Maria Sessa, il gip Domenico Truppa ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Nafzaoui, difeso dall’avvocato Antonio Gambetti, e per altri due tunisini, i ventenni Iheb Jawahdou e Azer Marzouk, difesi dagli avvocati Elisabetta Doro e Michela Grande. Tutti accusati di concorso in omicidio, aggravato da torture e crudeltà.

Il ventiduenne è stato arrestato martedì a Salsomaggiore Terme, dove abitava da qualche tempo dopo avere viaggiato in varie città del Nord Italia e all’estero, dai carabinieri bolognesi e dai colleghi locali. È in carcere a Parma; all’interrogatorio di convalida si è avvalso della facoltà di non rispondere. Gli altri due presunti complici sono latitanti.

Le nuove prove contro Nafzaoui sono gli esiti dei rilievi di Scientifica e Ris di Parma, che hanno rinvenuto tracce di sangue di Kaled sui vestiti che Hosni indossava il giorno del fermo a Ventimiglia, le sue impronte sul luogo del delitto e il fatto che tabulati telefonici, celle del cellulare e immagini delle telecamere lasciassero intendere come avesse pianificato la fuga dall’Italia con Attia e Waz. Il ventiduenne avrebbe anche partecipato al furto di gioielli a Rimini, la cui spartizione sarebbe il movente dell’omicidio. "Siamo soddisfatti dell’esito del lavoro di vari nuclei dell’Arma – così il colonnello Santovito –. Non abbiamo abbandonato la nostra ipotesi e il gip ci ha dato ragione".

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