Omicidio Bologna, il sospetto: "Emma Pezemo uccisa perché incinta"

Si fa largo la terribile ipotesi: il fidanzato, poi suicida, l’avrebbe spinta ad abortire. Un testimone: "Giovedì litigavano, poi lei in lacrime". La mattanza in un parco poi il cadavere gettato nel cassonetto in viale Togliatti. Sequestrata l’auto di Ngounet, il bagagliaio sarebbe stato ripulito

Emma, 31 anni, fatta a pezzi e gettata nel cassonetto (FotoSchicchi)

Emma, 31 anni, fatta a pezzi e gettata nel cassonetto (FotoSchicchi)

Bologna, 4 maggio 2021 - Emma Pezemo  sarebbe stata uccisa in un parco, fatta a pezzi con un machete o, addirittura, una sega elettrica e gettata nel cassonetto di viale Togliatti. E all’origine dell’orrore – questa una delle ipotesi che si è fatta strada nelle ultime ore – vi sarebbe una gravidanza non accettata dal fidanzato killer che poi si è tolto la vita: Jacques Honoré Ngouenet. Dettagli choc che emergono ora dopo ora attorno alla tragedia di viale Palmiro Togliatti e sulla quale sono al lavoro i poliziotti della Mobile coordinati dal pm Flavio Lazzarini.

La vittima all’amica: "Aspetto un figlio" E la polizia vaglia le ultime ore del killer - Omicidio suicidio a Bologna: il litigio, l'auto e il biglietto. La pista dell'orrore

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L'allarme

Sabato sera. Da qui inizia il nastro dell’orrore. Da qui e dall’ultimo incontro tra Emma e Jacques, come confermato dagli amici della trentunenne. Una relazione che, tra alti e bassi, andava avanti da tre anni e in gran parte era tenuta nascosta alla famiglia di Emma, preoccupata, come confermato da un parente, per alcuni atteggiamenti aggressivi del 43enne camerunense come lei. Ma mai denunciati. Il primo allarme alla polizia è partito domenica mattina dalle coinquiline di Emma preoccupate perché non aveva trascorso la notte nella sua stanza dello studentato di via De Nicola. Un appartamento al civico 52, interno 16 condiviso con altre quattro ragazze. Prima di comporre il 113, avevano però telefonato a Ngouenet il quale, bofonchiando al cellulare: "Non ne so nulla, ma sono preoccupato...". Lo troveranno impiccato poco dopo in viale Roma, in un alloggio condiviso al Centro servizi Giovanni XXIII che accoglie adulti con problemi psichiatrici ma autosufficienti. Come Ngouenet, che alcuni anni fa tentò di togliersi la vita ingerendo una boccetta di liquido per radiatori. Venne salvato in extremis e con lo stomaco devastato prima che l’Ausl – che ora invierà una relazione psichiatrica alla Procura – lo affidasse alla struttura dell’Asp.

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L'orrore

Domenica: le 12.50. Da viale Togliatti arriva una telefonata: "C’è un’enorme macchia di sangue accanto al cassonetto...". Ciò che polizia e vigili del fuoco porteranno alla luce dall’interno di un bidone verde per l’indifferenziata sarà da brividi: sacchi neri con dentro parti del corpo della povera Emma. Uccisa sabato notte, secondo gli inquirenti, all’interno di un parco tra Borgo Panigale e Casteldebole, fatta a pezzi con un machete, una grossa ascia o – tra le ipotesi – una sega elettrica. Un’operazione fatta non certo da uno sprovveduto. Sarà comunque l’esame autoptico a stabilire tanti punti fermi. A partire dalla causa della morte, fino ad arrivare a quell’altra terribile ipotesi che da ieri si è fatta strada. Ovvero che Emma fosse incinta.

Movente

Una gravidanza tenuta nascosta ai più, confessata ad alcuni parenti stretti e alle amiche più fidate. E poi a Jacques che si sarebbe scagliato verbalmente contro di lei, spingendola a rinunciare. Un testimone racconta di averli visti giovedì litigare pesantemente: "Emma era in lacrime – così uno studente congolese –, ma non so il motivo". Quella litigata, sfociata dalla confessione della ragazza, potrebbe essere all’origine del piano diabolico del camerunense il quale – anche questo non è stato escluso dagli investigatori – potrebbe aver premeditato tutto, presentandosi sabato all’ultimo appuntamento con Emma già con l’arma del delitto e i sacchi.

L'auto pulita

Arma che fino a ieri non era stata ancora ritrovata, a differenza dell’auto, una Peugeot, di Ngouenet utilizzata per il macabro trasporto dal luogo dell’assassinio al cassonetto con il bagagliaio che sarebbe stato ripulito dal sangue. Materiale sul quale lavora la Scientifica. Nella stanza di viale Roma non sono state trovate armi ma solo un biglietto scritto in francese nel quale si faceva riferimento in qualche modo alla ragazza. Ritrovato anche il cellulare del 43enne: al vaglio gli ultimi contatti per ricostruire tutti i suoi movimenti e capire se possa aver ricevuto qualche tipo di collaborazione. Pezzi di un puzzle maledetto che attendono di essere assemblati.  

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