Omicidio Gallo, perizia medica sull’ex fidanzato

Servirà a stabilire se può restare ancora in carcere. La difesa davanti al Riesame: "È malato, ora i domiciliari". Il 29 la decisione

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di Nicola Bianchi

Dal 29 luglio è in carcere accusato di avere ucciso la ex fidanzata, Kristina Gallo. E ora, con l’indagine della Procura già ’sigillata’ e con una probabile richiesta di rinvio a giudizio alle porte, la sua partita si sta giocando davanti al Riesame chiamato a decidere sull’eventualità di un trasferimento ai domiciliari o in una struttura apposita. Perché, secondo la difesa di Giuseppe Cappello, 44 anni, la sua malattia non sarebbe compatibile con la custodia cautelare alla Dozza. Ecco allora che la parola definitiva arriverà dalla consulenza medico legale, decisa dallo stesso Tribunale della Libertà e già affidata a Matteo Tudini, i cui risultati saranno discussi nel passaggio in aula fissato per il 29 settembre. La riserva dei togati è stata sciolta nelle scorse ore dopo l’udienza discussa una decina di giorni fa.

COLD CASE

Il corpo di Kristina, in una posizione innaturale, giaceva sul pavimento dell’appartamento di via Andrea Da Faenza da giorni. Era il 26 marzo del 2019 e ci sono voluti tre anni e mezzo di indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo, diretti dal procuratore aggiunto Francesco Caleca, e 6mila telefonate nascoste analizzate, per ricostruire quella morte, mettere in fila gli ultimi momenti di una vita tormentata. E arrivare così a identificare il presunto colpevole di quella violenza che aveva spezzato, a 27 anni, la vita di Kristina Gallo: l’ex Giuseppe Cappello, indagato alla fine del 2021 e arrestato a luglio dopo la ’pronuncia’ dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo che, nella consulenza chiesta dalla Procura, ipotizzò la morte violenta ad opera di terzi. Omicidio volontario aggravato dallo stalking, l’accusa. Perché, come scriverà il gip Roberta Dioguardi, le minacce di Cappello verso l’allora 27enne erano all’ordine del giorno. "Kri – una di queste – io ti apro la testa un giorno. Ti porto con me fino alla morte". Minacce, emerse dall’infinito corpus di telefonate registrate dall’indagato e poi cancellate, che avrebbero portato la giovane donna a "una perdurante, assoluta condizione di soggezione e paura per la propria incolumità", che l’aveva ridotta "in uno stato di segregazione morale, imponendole radicali mutamenti delle proprie abitudini". Kristina, dirà l’inchiesta, era stata costretta a lasciare il lavoro, veniva puntualmente privata del cellulare e del computer, non poteva neppure avere notizie dei suoi affetti più cari, se non per tramite dell’ex fidanzato.

SILENZIO DAL GIP

Il quale negò tutto fin dall’inizio, scegliendo però di avvalersi della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia. Carcere, con il gip che rigettò la richiesta della difesa dei domiciliari per via di una sua malattia. Una "no" poi impugnato dall’avvocato Alessandra Di Gianvincenzo (i genitori e il fratello della vittima sono rappresentati dall’avvocato Cesarina Mitaritonna) e discusso davanti al Riesame, perché Cappello "è incompatibile con il carcere viste le sue condizioni fisiche", con la Procura che non si è opposta. Determinante sarà il lavoro del medico legale nominato dai giudici i quali poi stabiliranno dove l’ex fidanzato di Kristina, ossessionato dalla gelosia, passerà i prossimi giorni di detenzione.

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