Omicidio Reatti Bologna, ultimo atto: Sosò ricorre in Cassazione

Per chiedere la revisione del processo dopo il ’no’ della Corte d’Appello Sonia Bracciale sta scontando 18 anni per l’omicidio del marito Dino

Sonia Bracciale, secondo tre gradi di giudizio, fu la ’mente’ dell’orrore del 2012

Sonia Bracciale, secondo tre gradi di giudizio, fu la ’mente’ dell’orrore del 2012

Bologna, 6 ottobre 2022 - Sonia ’Sosò’ Bracciale non si arrende e gioca una nuova carta – questa volta l’ultima – davanti ai giudici della Cassazione chiedendo l’annullamento del ’no’ alla revisione del processo arrivato ad aprile dalla Corte d’Appello di Ancona. L’atto, depositato a inizio settimana dall’avvocato Gabriele Magno, punta ancora una volta a dimostrare l’innocenza della 54enne condannata a 18 anni e 2 mesi, in via definitiva, per concorso nell’omicidio del marito Dino Reatti avvenuto la notte tra il 7 e 8 giugno 2012 ad Anzola Emilia e commesso materialmente da Thomas Salvatore Sanna e Giuseppe Trombetta. Lei, la ’mente’ dell’orrore secondo i tre gradi di giudizio, insieme ai complici si trova ancora in carcere.

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Suprema corte

Diciotto pagine durissime, quelle della difesa Bracciale, che partono contestando il lavoro della Procura, giudicato "incompleto, generico e confuso". A differenza delle spiegazioni dei fatti fornite da Sosò, "che ha sempre tenuto un contegno umano impeccabile", offrendo "una versione coerente e cristallina degli accadimenti e delle dinamiche successive". Mostrandosi "propositiva e scevra da condizionamenti, in quanto offriva numerosi spunti investigativi agli inquirenti", continuando "con forza per tutto il terribile periodo del processo" a manifestare "la propria innocenza".

"Non sapevo nulla", ha sempre ribadito, spostando l’attenzione su Trombetta e Sanna, condannati a 16 e 14 anni, entrambi innamorati di lei, rei confessi e capaci di una serie di ritrattazioni. E su di loro è basata la richiesta di revisione.

Le lettere

Innanzitutto una intercettazione ambientale tra Sosò e i due nella saletta della caserma dei carabinieri la cui trascrizione, per la difesa, non fu corretta, "inserendo nell’informativa solo tracce". Poi le lettere inviate in carcere a Sosò da Sanna (e Trombetta) che avrebbe sostenuto che "Sonia non sapeva niente" del piano diabolico. Dichiarazioni, "prove nuove" per la difesa secondo la quale però "non avrebbero avuto spazio nel processo". Un "rifiuto tout court nel contraddittorio di acquisire le parole dei soggetti indicati", scrive ancora il legale, che "raccontavano una verità diversa che scagionava la ricorrente da ogni responsabilità".

Un documento contestato dalla controparte. "Un tentativo – chiosa l’avvocato Marcello Marasco, parte civile per le sorelle di Reatti – che finirà come i precedenti. Le motivazioni della Corte sono dettagliate, puntuali e inattaccabili; quella della Bracciale è una fantasiosa rivisitazione. Le lettere? Ma che credibilità hanno questi soggetti? Si finisca con questa storia e si lasci definitivamente riposare in pace il povero Dino Reatti". L’ultimo processo nel 2023.

 

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