Omicidio Reatti, la sorella: "Sosò lasci in pace Dino"

La soddisfazione di Renata dopo il ’no’ alla revisione del processo per Bracciale "Nuove prove? Non ci sono. Ennesimo suo tentativo di manipolare tutto"

Omicidio Reatti

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Bologna, 23 aprile 2022 - "Ho sempre creduto nella giustizia e anche questa ennesima volta la giustizia ci ha dato ragione. Anche se ho avuto paura...".

Renata Reatti è la sorella di Dino, l’artigiano ucciso a sprangate la notte tra il 7 e 8 giugno 2012 davanti al casolare di famiglia di Anzola, da Gabriele Trombetta e Thomas Sanna, ’guidati’ dalla moglie Sonia Sosò Bracciale. Tutti sono in carcere a scontare condanne definitive.

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Ma...

"La Bracciale continua a provarci e a ritirare fuori la storiella della sua innocenza".

Renata, venerdì la Corte d’Appello di Ancona ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione del processo avanzata dalla Bracciale. Ha avuto paura per questa sua nuova iniziativa?

"Certamente. Nonostante fossi certa dell’ottimo lavoro fatto da giudici e magistrati nei tre gradi di giudizio, i quali hanno sempre tenuto conto di ogni elemento, di ogni prova contro di lei e degli altri due responsabili".

Quindi non crede nelle ’nuove prove’ che Sosò e il suo avvocato continuano a rivendicare?

"E quali sarebbero, scusi? Qui di nuove prove non ce ne sono".

Le ritrattazioni di Trombetta e Sanna?

"Lettere che la Bracciale avrebbe ricevuto dal carcere da loro, manipolati dalla stessa come ha sempre fatto con tutti. Sta provando a manipolare anche gli avvocati ora. Ha tramato tutto anche questa volta, spingendo quei due a scrivere il contrario di quanto hanno sempre dichiarato in questi anni. Ha voluto tentare pure questa nuova e disperata strada, a lei piace sfidare il mondo".

Alla trasmissione Storie Maledette, intervistata da Franca Leosini, la Bracciale disse: ’Avevo amato mio marito. Ma lui era violento e pieno di debiti’. Ricorda quelle parole?

"E come no. Si finse una santa, una vittima, cercò di buttare fango su mio fratello. Di Dino si poteva dire tutto ma non che fosse un violento, era il nostro gigante buono. Se si usciva pagava per tutti, se avevi bisogno di aiuto correva sempre per primo, se ti vedeva triste si faceva in quattro per farti sorridere. Ho convissuto una vita accanto a lui, mai una volta l’ho visto alzare le mani. Purtroppo si innamorò perdutamente di quella donna, nonostante tutto...".

Si spieghi.

"Lei lo tradiva, poi tornava indietro; mio fratello soffriva da morire ma la aspettava sempre. Le dissi di lasciarlo andare, ma tutto fu vano e alla fine mio fratello me lo hanno ammazzato. Aveva un carattere molto più debole di lei e veniva manipolato costantemente".

L’avvocato Gabriele Magno, per Sosò, ha già annunciato che la battaglia non è finita e che una volta lette le motivazioni della Corte d’Appello di Ancona ricorrerà in Cassazione. Cosa ne pensa?

"Che facciano ciò che vogliono, che vadano ovunque vogliano. La verità da dieci anni è una sola".

Le resta la paura?

"Sicuramente. E sa perché?".

Prego.

"Perché siamo in Italia e il nostro Paese è strano e la giustizia stessa è strana. Ma fino ad oggi ci ha dato ragione e sono convinta che continuerà a farlo".

Dieci anni di inchieste e processi: come si vive?

"Male. Con il tarlo sempre nella testa. Ma lotterò sempre per mio fratello. Dino non ha ancora avuto pace, un dolore che ritorna ciclicamente. Vorrei che mio fratello possa riposare sereno un giorno. Non sono vendicativa e nemmeno cattiva. Quella donna tra qualche anno uscirà (è stata condannata a 21 anni e due mesi, ndr), si faccia la sua vita ma ci lasci in pace".

Quel giorno in cui tutto sarà finito arriverà?

"Lo spero con tutto il cuore. Per Dino".

 

 

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