REDAZIONE BOLOGNA

Omicidio Sofia Stefani, l’ex vigile Gualandi torna in carcere

La Cassazione conferma quanto stabilito da gennaio dal Riesame. L’ex comandante dei vigili di Anzola è tornato alla Dozza: prima era ai domiciliari

Omicidio Sofia Stefani, l’ex vigile Gualandi torna in carcere

Bologna, 4 luglio 2025 – Giampiero Gualandi torna in carcere. Il 63enne ex comandante della Polizia locale di Anzola dell’Emilia, in provincia di Bologna, a processo davanti alla Corte d’Assise del capoluogo emiliano con l’accusa di aver ucciso con un colpo di pistola nel suo ufficio, il 16 maggio 2024, l’ex collega 33enne Sofia Stefani, con cui aveva una relazione extraconiugale, era ai domiciliari.

La decisione della Cassazione

La decisione è della Cassazione che ha confermato quanto stabilito a gennaio dal tribunale del Riesame, che aveva disposto nuovamente la custodia in carcere, respingendo il ricorso dei legali di Gualandi. Da qui, l’ex comandante di vigili, è stato quindi portato nel carcere della Dozza ieri pomeriggio. La decisione del Riesame è diventata esecutiva solo dopo la pronuncia della Suprema Corte.

La dinamica

Gualandi è imputato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo con la vittima per aver sparato a Sofia Stefani nel suo ufficio nella sede del Comando della Polizia locale di Anzola. L’ex comandante dei vigili si è sempre difeso, sostenendo che il colpo di pistola era partito accidentalmente durante una colluttazione. Una versione che non ha mai convinto i Carabinieri che hanno eseguito le indagini. E per la Procura si tratta, appunto, di omicidio volontario. Gualandi finora è stato ai domiciliari con il braccialetto elettronico, tant’è che nel Natale 2024 aveva trascorso le feste a casa.

La commozione della madre di Sofia

Ha commosso l’aula la mamma di Sofia Stefani: le sue tante lacrime e i lunghi silenzi durante la testimonianza resa davanti ai giudici sono serviti a raccontare chi era la figlia, uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo di pistola negli uffici del Comando della polizia locale di Anzola. "In quest’aula – inizia con fatica Angela Querzè, accanto a lei l’avvocato Lisa Baravelli in sostituzione di Andrea Speranzoni, che assiste entrambi i genitori – si è parlato di lei solo in una maniera che ritengo lesiva della sua dignità. Sono qui per stare vicino a Sofia e restituirle quella parte di dignità che le spetta". "Sofia era una persona solare, che amava la vita. Attenta alle ingiustizie, era piena di energia, e appassionata di sport. Ha fatto pattinaggio artistico e aveva anche un talento artistico, preso dal padre – continua Querzè –. Voleva vivere accanto a Stefano (il fidanzato), e a noi. A casa andava e veniva, era una persona autonoma, aveva scelto questa professione, avendo una spiccata propensione a difendere le fragilità. Io e suo padre cittadini del mondo, lei invece molto radicata qui, a Bologna, dove frequentava le cucine popolari. Lei sapeva che noi c’eravamo, che potevamo aiutarla in qualsiasi momento, ma lei con noi cercava sempre di mostrare il meglio". Dopo aver letto tutte le cartelle cliniche, "mi rimprovero tantissimo di non aver capito la gravità della situazione. Ma era paradossale, noi pensavamo fosse al sicuro, che non ci fosse pericolo".