"Era molto fragile, aveva una personalità molto bella, gioiosa, affabile, ma era incapace di gestire le emozioni. Era borderline, bipolare, le avevo consigliato io di andare al Centro di salute mentale. A volte è logorante stare con una persona così, ma Sofia aveva una gioia di vivere che contagiava anche me".

È il racconto di Stefano Guidotti, fidanzato di Sofia Stefani, nel processo di primo grado, ieri, davanti alla Corte d’Assise presieduta da Pasquale Liccardo per l’omicidio aggravato della vigilessa Sofia Stefani, 33 anni, che si è consumato il 16 maggio 2024 nella sede del Comando di Anzola. Processo che vede imputato Giampiero Gualandi, 63 anni, ex comandante dei vigili.
"Chiamava Gualandi ‘il mio nonnino’, di lui si fidava – prosegue Guidotti –, specie per il lavoro, ne parlava molto spesso. A un certo punto ho intuito che ci fosse qualcosa fra loro, ma era surreale per certi aspetti". E ancora Sofia "mi ha raccontato che era andata dal dentista, dopo che Gualandi le aveva rotto un dente, dandole un ceffone".
Questi lividi "li notai altre volte, ma lei trovava delle scuse". Guidotti non riesce a trattenere le lacrime e scoppia in un pianto vero e proprio quando racconta dell’ultima volta in cui vide Sofia: "Andammo a cena e pagò lei, cosa che di solito non accadeva".
"Mi sono anche rivolto a un centro antiviolenza" per le "continue aggressioni da parte di Sofia", ma "mi hanno riso in faccia perché sono un uomo grande e grosso – la testimonianza è stata quella di Piero Bernardi, ex amante di Sofia –. Una volta lei si arrabbiò moltissimo mentre le facevo solletico e iniziò a picchiarmi – riferisce Bernardi –. La tenni ferma cercando di calmarla e le causai dei lividi, lei andò a farsi refertare e mi minacciò, dicendo che mi avrebbe denunciato se non avessi continuato la relazione con lei. Così mi ritrovai a farle da cavalier servente" nel periodo successivo.
"Aveva un contatto con colui che aveva memorizzato come ‘Il sommo’ o ‘L’altissimo’, che immagino fosse Gualandi, e lui le aveva mandato una sua foto intima". Racconta di aver provato in ogni modo a ‘sganciarsi’, "a chiudere con lei, ma mi scriveva con account falso e me la ritrovavo ovunque, al lavoro, dove mi inseguiva, mi filmava, mi fotografava, e poi davanti casa, una volta perfino alla partita di basket di mio figlio. In un’occasione ho chiamato il 112".
Poi, dopo una pausa, è ripresa la loro relazione, "fino a che però siamo entrati in una fase diversa, io ero diventato per lei una sorta di tutore, la aiutavo a preparare i concorsi". Un rapporto, quello fra loro due, che durava dal 2017 e poi, nelle varie fasi, "c’è stato fino a un paio di anni fa".
Nel periodo prima dell’omicidio, Sofia "stava tranquilla anche per mesi, ma poi partiva all’improvviso questo flusso di chiamate, c’erano questi ‘picchi’ improvvisi, come una marea". In mattinata, oltre alle testimonianze di due esperti del Poligono (il presidente della sezione bolognese del Tiro a segno Nazionale e uno degli istruttori), è stata sentita Antonella Gasparini, un’amica della vittima, che ha riferito che tra Sofia e Gualandi c’era un rapporto sessuale e "lui le aveva fatto anche molte promesse lavorative".
Un rapporto che Gasparini definisce "tossico", i due "litigavano spesso. Una volta lui gli disse ‘Guarda che io ho una pistola’ e io dissi a Sofia di stare attenta, ma lei mi rispose ‘No, ma scherza, se ne dicono tante, ma figurati’. Ma io parlai di questo anche a mia figlia perché ero molto scossa". E aggiunge che "Sofia lo ammirava molto".