NICHOLAS MASETTI
Cronaca

Omicidio Stefani: "La vittima non toccò l’arma"

Il consulente balistico della Procura: "Non c’erano né ustioni né bruciature sulle mani della vigilessa"

Giampiero Gualandi ieri in aula per l’udienza, vicino ai suoi avvocati

Giampiero Gualandi ieri in aula per l’udienza, vicino ai suoi avvocati

La chat tra Sofia Stefani e Giampiero Gualandi, sul telefono di lui, è stata cancellata nei 16 minuti che vanno dalle 15,39 alle 15,55 del 16 maggio del 2024. Ovvero, pochi attimi prima della morte della vigilessa, avvenuta proprio nell’ufficio della polizia locale di Anzola dell’ex comandante con un colpo di pistola. A dirlo, con un’analisi dettagliata, è il maresciallo maggiore del Nucleo investigativo dei carabinieri Matteo Filippone. Ieri mattina il testimone ha ripreso l’analisi sulla copia forense iniziata nell’udienza del 4 giugno, "interpretativa, non una verità divina, ma sono sicuro che le cose dono andate così. Se ci fosse stato solo il telefono di Gualandi sarebbe stato impossibile risalire a tutto ciò", ha detto davanti ai giudici della Corte d’Assise, presieduta da Pasquale Liccardo.

Ma secondo il perito informatico della difesa, Lorenzo Benedetti, scelto dagli avvocati Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, seduti vicino all’imputato, la cancellazione della chat, fatta di 16.861 messaggi, non fu totale "ma selettiva". Secondo la difesa infatti si è trattato di un colpo di pistola partito accidentalmente durante una colluttazione tra il 63enne e la 33enne, che avevano una relazione extraconiugale, mentre per la procuratrice aggiunta Lucia Russo si tratta di omicidio volontario, aggravato dal legame affettivo con la vittima e dai futili motivi.

Una differenza sostanziale che è stata al centro dell’udienza di ieri con anche la deposizione del consulente balistico della Procura, il maresciallo del Ris di Parma Luigi Desideri, e il collega della difesa Paride Minervini. "Non c’erano ustioni, né bruciature, né tagli da ritenere che le mani della Stefani fossero state a contatto con la pistola", spiega Desideri che ha realizzato la perizia insieme al collega dell’Arma Lorenzo Talamelli. In aula mostra delle immagini di mani ustionate, come esempio, da chi invece ha toccato un’arma. Per questo il maresciallo esclude che ci sia stata una colluttazione tra i due. "Non è attendibile questa ricostruzione", prosegue, spiegando che Gualandi, al momento dello sparo, era seduto su una sedia girevole verde. Il colpo è partito a una distanza di 30 centimetri, i segni del proiettile ci sono anche su diversi punti del piccolo ufficio (muro vicino al citofono, soffitto, parete) e il sangue della vittima è presente sulle scarpe e sui pantaloni di Gualandi, ma non sulla camicia.

La difesa invece, per sostenere la propria tesi, attraverso Minervini ha portato in aula una pistola scarica, una Glock, lo stesso modello da cui è partito il proiettile quel pomeriggio (unica differenza la lunghezza dell’impugnatura, più corta di un centimetro). Poi, attraverso un filmato 3D, realizzato con l’ausilio della dottoressa Enia Haskaj, è stata ipotizzata una ricostruzione della scena del crimine. "È possibile che ci sia stato il contatto con l’arma da parte della Stefani, per noi può essere plausibile", spiega Minervini. Nel video si vedono la scrivania, l’armadietto, la sedia su cui era seduto Gualandi e poi il corpo disteso vicino alla finestra. Una ricostruzione che però, secondo la Russo, "è dissonante" con quanto dichiarato dallo stesso Gualandi quando venne interrogato. In aula c’erano anche i familiari di Sofia, con l’avvocato Andrea Speranzoni, così come i legali Andrea Gaddari e Lisa Barabelli, rispettivamente del Comune e del fidanzato di Sofia. Lunedì la prossima udienza.

Nicholas Masetti