CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Omidicio dell’ex vigilessa: "Nessuna colluttazione tra Stefani e Gualandi"

Il medico legale Bugelli: "Non ci sono tracce di Dna della vittima sull’arma". Scontro tra testimoni in aula. Assente per la prima volta l’imputato.

Il medico legale Bugelli: "Non ci sono tracce di Dna della vittima sull’arma". Scontro tra testimoni in aula. Assente per la prima volta l’imputato.

Il medico legale Bugelli: "Non ci sono tracce di Dna della vittima sull’arma". Scontro tra testimoni in aula. Assente per la prima volta l’imputato.

Per la prima volta dall’inizio di questo processo, Giampiero Gualandi non è in aula. L’ex comandante dei vigili di Anzola, 63 anni, accusato dell’omicidio volontario aggravato dell’ex vigilessa Sofia Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale, è assente a causa di un problema fisico. L’aria è comunque tesa in aula: ci sono i genitori di Sofia, provati, ma presenti e attenti come sempre nonostante le foto dell’autopsia sugli schermi mostrino immagini molto forti, davanti cui si deve trattenere il respiro; ci sono i medici legali - dell’accusa e della difesa – a confronto; ci sono i dubbi e i quesiti posti da entrambe le parti.

A fare da sfondo all’intera giornata, l’interrogativo più grande: c’è stata o no una colluttazione nella stanza del comando della polizia locale di Anzola, il 16 maggio 2024, quando un colpo esploso dalla pistola di servizio di Gualandi ha ucciso Stefani? L’imputato ha sempre sostenuto che si sia trattato di un colpo partito per sbaglio in seguito appunto a una colluttazione con la vittima, dopo che lui stava pulendo la sua arma: un incidente, quindi. Per l’accusa, invece, il colpo è stato sparato da lui volontariamente contro una ragazza che nella sua vita era diventata troppo ingombrante.

La partita si gioca in gran parte proprio su questo punto, al centro di tutta l’udienza di ieri nel processo di primo grado davanti alla Corte d’assise di Bologna, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo, pm Lucia Russo. Secondo la dottoressa Valentina Bugelli, medico legale e direttrice dell’Istituto di medicina legale di Parma, che ha svolto l’autopsia sul corpo di Stefani e che in aula illustra le attività svolte (esame Tac Total body del cadavere, autopsia, esame dei luoghi, operazioni balistiche e rilevazioni antropometriche dell’indagato) non può esserci stata una colluttazione in quella piccola stanza – circa dieci metri quadrati – perché non ve ne sono tracce: "L’ipotesi omicidiaria è l’unica possibile", afferma, il fatto è accaduto tra "due soggetti posti frontalmente" e la vittima non ha toccato l’arma, infatti "non ci sono tracce di Dna di Stefani sulla pistola". Se invece avesse avuto le mani sull’arma o in prossimità, ci sarebbero state delle ustioni sulle mani di Stefani, spiega Bugelli. E le escoriazioni rilevate sulle mani di Gualandi, da un punto di vista medico "non sono riconducibili a un evento avvenuto poco prima", ma superiore alle 12 ore, quindi secondo Bugelli non può essersele procurate il 16 maggio. Una colluttazione prolungata tra Stefani e Gualandi, peraltro, avrebbe portato a una lesività superiore sia sul corpo di lei che di lui". Bugelli sottolinea che "tutto è successo in pochi minuti. Lo sparo è avvenuto a una distanza compresa tra i 20 e i 50 centimetri, con un’inclinazione di 22 gradi".

Poi è il turno del medico legale Andrea Casolino per la parte civile (avvocato Andrea Speranzoni per i genitori di Sofia) e infine del medico legale Guido Pelletti, per la difesa. Pelletti riguardo alle escoriazioni di Gualandi dice di non poter essere così sicuro sulla datazione e ci si sofferma a lungo sul colore di quelle lesioni - rosso, secondo lui, almeno in un caso, "sembra recente". Parte in aula un confronto tra Pelletti e Bugelli, con quest’ultima che dichiara di "essere in disaccordo con Pelletti", perché "non erano escoriazioni recenti". E il pm Lucia Russo incalza il teste Pelletti su alcuni punti, in particolare sulla questione della "compatibilità di quanto visto sul corpo della vittima in relazione a quanto dichiarato dal Gualandi" e poi sulla presunta colluttazione. Se, da una parte, Pelletti fa notare che non si può affermare con certezza che la colluttazione non ci sia stata, il pm insiste sull’ordine che c’era nella stanza subito dopo il delitto: "Su quel tavolo (la scrivania, ndr) non si era spostato un foglio, né la bottiglia" e lo spazio era veramente ridotto (un metro e 30 tra la sedia di Gualandi e il muro, quindi del disordine si sarebbe creato nel caso di una lite, dice. In mattinata testimonia anche il maresciallo Giuseppe Massimiliano Aprea.