Bologna, maxi operazione anti-Camorra, arrestato anche un ex direttore di banca

Sono sedici le misure di custodia cautelare, disposte dal Gip del tribunale di Napoli su richiesta della Dda ed eseguite dalla Finanza

Militari della guardia di finanza  (foto di repertorio)

Militari della guardia di finanza (foto di repertorio)

Bologna, 12 luglio 2017 - Anche un ex direttore di banca bolognese, Domenico Sangiorgi, 58enne nato a Faenza, figura tra le persone arrestate dalla Guardia di Finanza in una vasta operazione contro un gruppo criminale legato a diversi clan camorristici. 

Proprio nell'ambito dell'operazione il Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Bologna, con l'ausilio dello Scico (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) di Roma e del Comando provinciale di Napoli, ha eseguito 12 custodie cautelari in carcere e 4 arresti domiciliari, disposte dal Gip del tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti degli appartenenti al gruppo criminale legato ai clan camorristici che operava in diverse regioni fra cui Lazio, Abruzzo, Umbria, Sardegna, Lombardia e, in particolare, Emilia Romagna. Il gruppo, con base prevalentemente in Campania, era attivo soprattutto nei settori degli investimenti immobiliari e delle truffe alle assicurazioni. Nell'ambito della maxi operazione sono stati sequestrati beni per un valore di 700 milioni di euro tra cui 1.177 immobili, molti dei quali nel Ravennate, 211 veicoli, 59 società e 400 rapporti bancari.

Tra gli arrestati anche un ex direttore di banca bolognese

L'indagine è partita la primavera scorsa durante un controllo che ha portato alla scoperta di un intero parco a Melito, nel Napoletano, edificato in maniera abusiva e con la complicità degli organismi pubblici deputati ai controlli e al rilascio di permessi a costruire. Gli imprenditori che avevano realizzato il complesso avevano legami con la criminalità organizzata locale. Il parco è stato sottoposto poi a sequestro preventivo, sono state effettuate diverse perquisizioni e acquisite informazioni di carattere finanziario e bancario nei confronti degli altri imprenditori (Antonio Passarelli, e i fratelli Gennaro e Carmine Chianese), che hanno evidenziato come i tre fossero in possesso di enormi disponibilità bancarie e finanziarie incompatibili con i redditi da loro dichiarati.

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E' partito da qui un secondo filone investigativo che ha portato a scoprire interessi in Emilia Romagna dei tre, e questo ha dato vita ad altri accertamenti bancari e patrimoniali come pure a intercettazioni a carico di persone coinvolte in speculazioni immobiliari. E' stato ricostruito così un impero economico gestito da questa organizzazione, senza budget, bilanci, società e conti correnti, nato per nascondere il sistematico reimpiego di somme di denaro di provenienza illecita. Denaro che, come indicano le risultanze investigative proveniva dai vertici di vari clan, non solo i Di Lauro, ma anche i loro scissionisti Amato-Pagano, i Mallardo, i Puca gli Aversano, i Verde e i Perfetto.

Il gruppo criminale, inoltre, era attivo anche nel settore delle truffe alle assicurazioni, realizzando pratiche per falsi incidenti, finti incendi e finti allagamenti, e i rimborsi o indennizzi ottenuti finivano nell'attività di riciclaggio. Era proprio Antonio Passarelli, uno degli imprenditori del Parco Primavera, anche quando non compariva come socio, a essere uno dei canali illeciti di approvvigionamento di risorse dell'organizzazione. Per ripulire il denaro, Passarelli si serviva dei suoi familiari e dei fratelli Chianese.

Il gruppo camorristico operava indisturbato grazie all'appoggio dell'ex direttore di banca e di un commercialista

Dalle indagini è emerso che il gruppo camorristico era riuscito a operare indisturbato negli anni grazie all'appoggio di insospettabili funzionari di banca e commercialisti tra cui gli arrestati Domenico Sangiorgi, ex direttore di banca bolognese originario di Faenza e Antimo Castiglione, commercialista originario di Sant'Antimo (Napoli). Sangiorgi e Castiglione avrebbero tratto vantaggi personali dal rapporto col gruppo camorristico e da qui verrebbe la contestazione di partecipazione al clan Puca.

A questo proposito, come si legge nella nota firmata dalla Procura di Napoli, "eclatanti le conversazioni intercettate in cui il bancario, dapprima, avvisava Passarelli degli accertamenti disposti dalla magistratura a carico del suo sodale Ciccarelli e, successivamente, lo ragguagliava anche sulle ulteriori richieste inoltrate alla banca sul conto dello stesso Passarelli, e ciò proprio per consentirgli di prendere provvedimenti e adottare le cotnromisure per non finire nelle maglie delle indagini". Il commercialista Castiglione, come si legge ancora nella nota della procura, organizzava i passaggi societari e preordinava gli escamotage per eludere le investigazioni, gestendo anche direttamente i patrimoni degli indagati tra cui anche quello del capoclan Pasquale Puca.

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