Ospedale Maggiore Bologna, attese infinite. "Nove ore al Pronto soccorso"

Una ragazza di 21 anni, già operata per ernia, in ospedale per il mal di schiena: "Ho fermato un’infermiera e sono riuscita a farmi dare almeno una barella"

Il monitor del Pronto soccorso del Maggiore nel pomeriggio di giovedì

Il monitor del Pronto soccorso del Maggiore nel pomeriggio di giovedì

Bologna, 17 gennaio 2020 - Storie di ordinaria attesa – lunga – al Pronto soccorso dell’ospedale Maggiore. Una ragazza di 21 anni ci ha scritto per raccontarci la sua esperienza di lunedì scorso: "Esattamente dopo 9 ore e 15 minuti che sono entrata mi fanno le lastre". L’altra testimonianza è della fidanzata di un paziente di 26 con un’otite: dopo aver aspettato quattro ore gli è stato consigliato di presentarsi a una visita la mattina successiva. Certo, non si tratta di pazienti in pericolo di vita, ma di persone che stando male vorrebbero trovare una soluzione ai loro problemi in tempi accettabili a seconda delle loro esigenze. Partiamo dall’inizio: dopo un intervento, risalente a quattro anni fa, per ernia del disco che comprimeva il nervo sciatico, "al punto da farmi perdere sensibilità alla gamba", la donna è stata bene fino alla scorsa settimana, quando "è iniziato un dolore non da poco alla schiena". Sono seguiti "sei giorni di medicine e terapie varie, la situazione non ha fatto altro che peggiorare e decido quindi recarmi all’ospedale Maggiore".

Il racconto è dettagliato: "Arrivo al triage camminando a stento", "per muovermi devo appoggiarmi al muro". Alle 15,16 viene registrata al Pronto soccorso ortopedico, con codice bianco. "Dopo tre ore non riesco più a stare seduta e chiedo una barella senza essere presa in considerazione – sostiene –, per chi ha una o più ernie lombari stare a sedere significa dolore allucinante, provo a chiedere ancora, ma non vengo ascoltata". Il ricordo della notte è stampato nella sua mente. "Passano altre ore e non si vedono infermieri e devo andare in bagno, ma da sola non riesco perché non mi reggo in piedi. Ore 21, non ce la faccio proprio più, riesco a fermare un’altra infermiera e ad avere una barella, mi danno anche un medicinale per farmi passare un pochino i dolori. Dalle 21 a mezzanotte, io e una signora che stava aspettando di essere visitata, abbiamo fermato tre infermieri per chiedere se qualcuno mi potesse aiutare ad andare in bagno e alle 23 mi è stato risposto che non potevo alzarmi, perché avevo problemi alla schiena e che dovevo aspettare la visita. Arriva il mio turno, sono passati 36 minuti dalla mezzanotte, 9 ore e 15 minuti dall’ingresso, mi fanno le lastre e scoprono che il disco intervertebrale è molto schiacciato, mi fanno un antidolorifico da cavallo e mi dimettono con dieci giorni di prognosi, medicine e un busto come terapia, il tutto all’una e 33 minuti".

Ecco le conclusioni della paziente: "Un’esperienza così penso di non averla mai vissuta. Gente che quando sente che ho mal di schiena e capisce quanti anni ho, mi guarda come per dire che se adesso sto così chissà tra 40 anni come starò, gente che che ti tratta quasi come ti stesse facendo un favore. Sono entrata in l’ospedale perché non riuscivo a stare in piedi, mi scendevano le lacrime mentre stavo seduta su quella sedia". 

Il secondo caso risale alla notte dello scorso primo gennaio. Ingresso alle 22,18. "L’orecchio del mio ragazzo era completamente chiuso da quanto era gonfio e in più spurgava del liquido. L’infermiere del triage suggerisce di presentarsi la mattina successiva così da utilizzare il ’fast login’, ossia l’accesso veloce, per l’otorinolaringoiatra, servizio disponibile dalle 8 alle 20. Dato lo stato febbrile, il dolore e il gonfiore – spiega la fidanzata – decidiamo che sia meglio farsi vedere subito da un dottore". Ma dopo quattro ore di attesa, "viene finalmente chiamato per uscire il minuto successivo con un foglio in mano e mi dice: ’Mi hanno detto di venire domani mattina dall’otorino dalle 8 alle 20’. Il mio problema non é la fila, perché sono arrivate persone in condizioni più gravi ed è corretto che abbiano la priorità, ma non è possibile fare quattro ore di fila per sentirci dire le stesse cose dette quattro ore prima, nemmeno lo hanno visitato, si sono solamente presi la briga di consegnargli una medicina". Al mattino altra attesa, l’uomo viene chiamato per la visita alle 11,33 e "alle 11,44 è uscito dalla sala medicazione". Ieri l’Ausl ha preferito non replicare.

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