"Padre Marella parlava la lingua del Signore"

Il cardinale Zuppi: "Ha sempre assunto la povertà come fosse la sua. Davanti alla miseria causata dalla pandemia, è sempre più attuale seguirlo"

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(Segue dalla Prima)

Nel dopoguerra eravamo tutti come dei bambini spaesati in cerca di un segno di speranza che non ci lasciasse nell’incertezza dell’oggi e ci desse fiducia nel futuro. Da questo punto di vista don Olinto è stato il papà di tutti, cattolici e laici.

Ha assunto la povertà come fosse la sua, ed ha cercato delle risposte. Si è messo al posto dei bambini e per loro ha coinvolto tutti a preparare il futuro.

In fondo, l’elemosina diventava una vera condivisione. Ai ragazzi dava soprattutto educazione e fiducia offrendo possibilità che non avrebbero avuto e responsabilità che nessuno avrebbe loro affidato. Questo li ha protetti dal perdersi.

Oggi penso alla responsabilità che noi abbiamo di proteggere loro dalle dipendenze, a cominciare da quella della droga, schiavitù terribile che ingaggia continuamente nuovi schiavi, facendoli credere padroni e provocando forme di violenza terribili e imprevedibili. Se nessun prende a giornata, c’è sempre la droga a farlo!

Io sentii parlare di Marella per la prima volta da Monsignor Capovilla, segretario di Papa Giovanni XXIII dalla fine degli anni ’50. Era commosso. Fu lui che mi indicò don Olinto come il testimone della carità al quale ispirarci rappresentando anche la storia laica della chiesa.

Era compagno di studi di papa Giovanni XXIII, del quale condivideva la scelta di una chiesa prima madre e poi maestra. I primi anni ’60 coincisero con l’inizio del confronto della Chiesa con la modernità, attraverso le contraddizioni che coinvolsero Padre Marella.

In occasione del Concilio Vaticano II lui, per certi versi sconosciuto prete di Bologna, volle inviare a tutti i padri conciliari un testo interessante, complicatissimo come contenuto ma chiarissimo come messaggio. Si trattava di un saggio di Alfredo Trombetti, glottologo, edito nel 1905, dal titolo: L’unità d’origine del linguaggio.

Era la realizzazione del suo sogno. Una Chiesa che parlava a tutti. La monogenesi linguistica implicava l’origine unitaria del genere umano. Il suo intento era il sogno di "trasformare la torre di babele in una novella pentecoste", fare in modo che tutti gli uomini sparsi sulla terra potessero ascoltare il messaggio cristiano di amore, pace e giustizia. Sì, "Tutti fratelli"! Questo inizia dalla carità concreta, lingua universale che Padre Marella ha saputo trasmettere, che ci insegna a distanza di anni e che ci aiuta a non avere paura di parlare. È la lingua di Dio.

* cardinale arcivescovo

di Bologna

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